Di questi tempi, in Russia, il teatro sembra diventare a sua volta il palcoscenico di un conflitto culturale e politico. Alcuni attori vengono arrestati per aver protestato in piazza. Kirill Serebrennikov, fondatore del popolare teatro d’arte contemporanea di Mosca Gogol-Center, viene accusato di malversazioni e messo alla porta, e un regista stimato come Kostantin Bogomolov pubblica un manifesto che strizza l’occhio all’estrema destra. Tutto questo mentre anonimi internauti e squadristi hanno campo libero nel reprimere ogni respiro di autonomia. Viene da chiedersi di che cosa il teatro moscovita sia diventato il teatro. Ne parliamo con Marina Davydova, direttrice della rivista «Theatre magazine» a sua volta vittima di intimidazioni da parte del potere.

Cosa pensi della nomina di Alexey Agranovitch al posto di Serebrennikov?
Non posso non essere nostalgica davanti ad un capitolo che si chiude. Detto questo, la nomina di Alexey è la migliore possibile, è stata ottenuta come punto di compromesso con l’assessorato alla cultura del comune di Mosca, che a sua volta si è trovato ad essere ostaggio della situazione. Il bilancio di Kirill è inattaccabile. Il teatro era pieno, i biglietti, pur cari, non sono mai rimasti invenduti, i suoi spettacoli giravano il mondo intero plebiscitati dalla critica. Non c’è dubbio che la decisione di defenestrarlo viene da un’altra entità. Ora questa «entità» non ha dato istruzioni su chi mettere al suo posto. Quindi è stato possibile negoziare con il comune. Kirill continuerà ad esercitare un’influenza artistica sul Gogol-Center.


Si direbbe che il teatro a Mosca sia più vitale che mai.
I russi sono molto inventivi. Il Point of access di San Pietroburgo ha creato un programma di qualità con eventi multimedia specialmente concepiti per il teatro online. Evgenia Shermeneva, che vive a Riga, produce delle letture di nuove sceneggiature via zoom, con un cast accuratamente scelto di professionisti e non. C’è per esempio un testo raramente messo in scena di Marius Ivaskevucius. E una produzione chiamata Balcony con attori moscoviti che recitano dai balconi.

Come spieghi questa effervescenza?
In Russia viviamo in una sorta di stato d’eccezione permanente. Così, quando siamo in trappola, proviamo una strana eccitazione e cerchiamo una via di uscita. I miei colleghi tedeschi hanno l’aria molto più melanconica al telefono di quelli moscoviti.

In Europa l’industria dello spettacolo è dichiarata inessenziale. Quale è la situazione in Russia?
I teatri sono aperti con una limitazione al 50% dei posti a sedere a Mosca e 75% a San Pietroburgo. Il prezzo di questa preziosa attività artistica lo si paga in vite umane. Tra i miei colleghi europei pochi si sono ammalati. Qui, invece, solo tra i direttori: Kostantin Bogomolov, Kama Ginkas, Natoly Vassiliev, Lev Dodin. Il direttore d’orchestra Alexander Vedernikovo è morto, dopo che il suo primo soprano è risultato positivo, eppure la compagnia non ha cancellato lo spettacolo.

Hai evocato Kostantin Bogomolov, di cui hai sostenuto il lavoro fin dall’inizio e che ora dirige il Teatro di via Maly Bronny. Sono preoccupata per la sua salute da quando ho letto il suo manifesto in cui sostiene che il femminismo, Black Live Matters e gli «eco-psicopatici» limitano il genio creativo.
È difficile commentare. È un caro amico. Il suo teatro è più articolato del suo manifesto. Ho visto l’adattamento dei Demoni che ha messo in scena, e mi è molto piaciuto. Nel romanzo di Dostoevsky, i demoni sono i socialisti russi figli del liberalismo europeo. Nello spettacolo di Bogomolov tutti sono demoni: dal teatro ortodosso ufficiale di Edouard Boyakov all’ideologo del Cremlino Vladislav Sourkov. E persino Bogomolov stesso.

Che ne è di sua moglie, la giornalista ed ex candidata neoliberista Ksenia Sobchak? Anche lei è demonizzata?
No, non c’è la sua parodia, ma si ride dei costumi dei ricchi russi come lei. Lo so che è troppo comodo separare la persona dall’artista, ma nel caso di Bogomolov farei un’eccezione. Il suo manifesto è idiota. È persino scritto male. Non gli somiglia. Sembra più una maniera per ottenere un lasciapassare politico.

È così cinico?
Mi duole dirlo. Il suo cosiddetto «manifesto» è una resa all’imperativo dell’industria culturale russa: bacia il re. Bacia il re e sarai libero. Kostantin ha fatto la sua scelta.

Il grande Oleg Efremov era noto per il suo equilibrismo, una sauna con la nomenklatura e uno spettacolo scritto da dissidenti.
È una tradizione sovietica, e dell’artista russo in genere, che vuole essere più libero dei suoi colleghi europei. Vuole essere un demiurgo. Non è forse il delirio di ogni grande artista, in special modo dei direttori di teatro del vecchio mondo patriarcale?

Tra chi non bacia, sono in molti ad essere intimiditi e perseguiti. Ogni giorno la polizia bussa alla porta di scienziati, giornalisti, intellettuali. Yulia Tsetkova rischia sei anni per uno spettacolo educativo in cui compare il disegno di una vagina. E che dire dell’artista femminista Daria Serenko, il cui indirizzo è stato reso pubblico ed è perseguitata da bande di squadristi? Sono solo iniziative di individui di estrema destra, oppure è parte di una politica repressiva dallo Stato?
Entrambe. Lo Stato si sta alleando con lo squadrismo fascista. Il ritorno di Alexey Navalny ha accelerato questo processo.

Quanto teatro c’è nel movimento pro-Navalny?
La comunità del teatro è in genere indolente. Nessun direttore di teatro si è pronunciato. Con la sola eccezione di Ivan Vyrypaev, che però lavora all’estero. I direttori hanno la responsabilità delle proprie compagnie. Gli attori sono più liberi. Molti si sono impegnati nelle proteste. Alcuni se la sono cavata con una multa. Altri con la prigione. L’attrice Varvara Shmykova ha registrato un video emozionante in favore di Navalny. Il giorno dopo lo spettacolo dove recitava è stato annullato. Era una performance nel Museo del Moscow Art Theatre School col titolo Rompi il sistema. Qual è questo «sistema» ti chiederai?

Quello di Stanislavskij, ovvio!
Tu ridi. Ma il compagno colonnello non ride, e ritira il permesso per lo spettacolo con l’attrice sovversiva. La sua biografia è stata cancellata dal sito del Meyerhold Center.

Il Center ha ricevuto più solidarietà dell’attrice.
Nella nostra comunità manchiamo di coesione. Ma c’è un problema più profondo nel teatro russo. In particolare nel teatro documentario e politico. Dovremmo imparare da Navalny. Il suo video ha «azzerato» (allusione ironica all’espressione usata da Putin per qualificare la propria riforma costituzionale, ndr) il teatro russo. Navalny ha il senso della scena, dell’essenzialità. La sua comunicazione è chiara e soprattutto ben documentata. Tutte cose che mancano al teatro politico.


Il suo video sull’agente dell’FSB che gli lava le mutande è diventato più popolare delle commedie di Natale.
Ha anche «azzerato» la performance art. Il suo ritorno in Russia è un vero colpo di teatro. E che senso del dramma! Navalny non ha pubblicato immediatamente la confessione dell’agente dell’FSB (il Servizio federale per la sicurezza), ha aspettato il risultato dell’investigazione Bellingcat, poi ha postato un video: Conosco i nomi dei miei killers. E solo a quel punto, dopo aver scoperto il dramma, ne ha svelato i dettagli grotteschi con il secondo video sulle mutande. Tutta la sceneggiatura è rigorosamente pensata e brillantemente eseguita. Ed è reale. La vita è infine più spettacolare di ogni teatro.

Come è dirigere una rivista d’avanguardia di questi tempi?
Non siamo un media politico. Ma quando le proteste sono cominciate, in gennaio, abbiamo pubblicato articoli sugli attori arrestati. Non perché condividiamo tutto quello che fanno, ma perché sono nostri colleghi. Sono stata chiamata dal mio editore, Il Sindacato dei lavoratori russi di teatro, che mi ha chiesto di smettere. Il Sindacato era stato a sua volta chiamato dall’amministrazione del presidente. Poco dopo, il mio account skype è stato piratato, così come la mia mail. La stessa cosa è successa a miei colleghi. Mio figlio è stato arrestato un anno fa durante una protesta. Un ispettore di polizia viene a trovarci regolarmente. Vuole farci promettere per iscritto che non parteciperemo a future manifestazioni di piazza. Suona a lungo alla porta. Non apro perché ho paura. Poi mi chiama al telefono. È molto cortese, mi dice che è molto che non è venuto a trovare me e la mia famiglia. Psicologicamente è dura.
(traduzione Eugenio Renzi)