A due mesi dall’assassinio di Marielle Franco e del suo assistente Anderson Gomes, in tutte le città del Brasile ci sono state iniziative delle organizzazioni dei diritti umani. Si è voluto, ancora una volta, onorare la memoria di Marielle e chiedere con forza di accertare le responsabilità di questo «crimine politico e dell’odio».

IL MINISTRO BRASILIANO per la sicurezza Raul Jungmann afferma in un comunicato che «le indagini procedono con intensità e stanno arrivando alla fase finale». Quella che sta emergendo è una realtà inquietante. Le testimonianze e le prove finora raccolte mostrano il coinvolgimento di politici corrotti, ex poliziotti e gruppi paramilitari. È indagato un consigliere comunale di Rio, Marcello Siciliano del Partito conservatore umanista. Sono state acquisite testimonianze sui rapporti tra il consigliere comunale e un ex poliziotto che è stato già arrestato.

UNA TESTIMONE IMPORTANTE, attualmente sotto protezione, ha svelato il giro di interessi che il consigliere Marcello Siciliano avrebbe nel campo delle costruzioni civili e il suo possibile coinvolgimento nell’assassinio di Marielle. Si sta facendo luce sul ruolo che svolgono le milizie nei quartieri di Rio. Si tratta di gruppi paramilitari, costituiti soprattutto da ex poliziotti, che operano con metodi mafiosi e che portano avanti attività estorsive nei confronti di commercianti e cittadini in cambio di «protezione».

MARIELLE AVEVA PIÙ VOLTE denunciato il ruolo svolto da queste milizie e gli abusi che la polizia militare compie nelle favelas, oltre a segnalare le varie forme di speculazione edilizia messe in atto da imprenditori con la complicità di politici corrotti. Sta arrivando la conferma che si è trattato di un omicidio politico e un atto terroristico per impedirle di continuare la sua opera e un ammonimento nei confronti di tutti coloro che si battono per la difesa dei diritti umani. E la forma in cui è stata uccisa, il tipo di armi usate, i tredici colpi sparati, testimoniano la volontà omicida di chi voleva porre fine al suo impegno. La convinzione che fosse un omicidio politico era ben presente nelle decine di migliaia di persone che hanno manifestato in tutto il paese per difendere la sua memoria. O Globo, il quotidiano più importante ed influente del Brasile, in queste settimane, ha parlato di «banditi» nell’indicare i responsabili, sostenendo che la morte di Marielle non doveva essere strumentalizzata politicamente. Oppure considerare la sua morte semplicemente come una conseguenza dello stato di insicurezza che regna nel paese, come ha sostenuto il Ministro della giustizia del Governo Temer.

NON C’ERA BISOGNO di politicizzare la morte di Marielle perché è stato un evidente atto politico e non furono generici «banditi» a volere la sua morte. Marielle esprimeva la speranza delle 46 mila persone che l’avevano votata per rappresentare nel municipio di Rio una volontà di lotta contro la corruzione e l’intolleranza. Il fatto che lei fosse donna, nera, della favela, attivista dei diritti umani, non è una questione di secondaria importanza. La sua morte ha lo stesso significato di quella di Vladimir Herzog, giornalista torturato e ucciso durante la dittatura militare, e di Chico Mendes, sindacalista e ambientalista ucciso nel 1988. In queste settimane sulla rete sono state divulgate notizie false e infamie sul conto di Marielle, per screditarne la sua opera, da parte di siti vicini al deputato di estrema destra Jair Bolsonaro, ora candidato alla presidenza della Repubblica. Ma la figura di Marielle non è stata intaccata.

IL MOVIMENTO dei lavoratori senza terra(Mst) la ha definita «militante riconosciuta dei diritti umani e dell’uguaglianza sociale che lascia una eredità di lotte a favore della classe lavoratrice». La deputata Janoira Feghali, del Partito comunista, l’ha definita «una donna emancipata che brillava di luminosità propria e strapiena di sogni». In Brasile si spera che la morte di Marielle possa favorire una presa di coscienza per quello che sta avvenendo nel paese e che possa rappresentare una svolta in una realtà in cui corruzione e violenza si sono istituzionalizzate. Una presa di coscienza analoga a quella che si ebbe dopo la morte di Vladimir Herzog, avvenuta nel 1975 sotto il regime militare. L’assassinio del giornalista scosse il Brasile, dando forza a quei movimenti che sostenevano il processo di democratizzazione del paese. Perché se il Brasile si è liberato dalla dittatura da più di 30 anni, persiste una logica di criminalizzazione nei confronti di coloro che lottano per i diritti umani, degli ambientalisti, delle comunità indigene, dei lavoratori rurali.