«Ce ne fottiamo dei simboli, dialoghiamo su contenuti e programmi»: è il grido di battaglia con cui Catello Maresca ha aperto il suo comizio, ieri pomeriggio a Ponticelli. È il candidato sindaco di Napoli su cui dovrebbe convergere il centrodestra ma il pm in aspettativa rifiuta di correre in coalizione con i simboli di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. «Il nostro è un metodo civico – ha ripetuto ieri – e non un movimento. Sono un civico con una storia di impegno sociale. Indipendentemente dall’invito che faccio a tutti i soggetti politici che vorranno accompagnarci». Quindi sì ai politici ma senza insegne di partito. In serata incontro con Vittorio Sgarbi in un teatro cittadino.

«A differenza del centrosinistra, saremo uniti in tutta Italia: in Calabria, a Milano, Roma, Napoli, Bologna, Torino, Trieste»: parola di Matteo Salvini. A Napoli non è così semplice. Se la Lega può fare a meno del simbolo visto che non è un brand popolare sotto il Vesuvio, Forza Italia non alza le barricate visto il momento difficile ma il coordinatore cittadino Fulvio Martusciello ieri ha replicato, irritato, a Maresca: «Sto consultando il vocabolario su cosa significhi il verbo fottere. Non l’ho mai usato e come me oltre il 90% dei napoletani». Fratelli d’Italia decisamente non ci sta a farsi cancellare dalla scheda elettorale. Anzi, potrebbe schierare come capolista Giorgia Meloni.

«Abbiamo fin dall’inizio posto due condizioni – spiega Andrea Santoro, coordinatore cittadino di FdI -. La prima è andare come coalizione, la seconda scegliere un candidato vincente, oltre gli steccati del centrodestra. Abbiamo messo un nome sul tavolo: Sergio Rastrelli ha una storia più antica di Fratelli d’Italia, è un avvocato, espressione della società civile tanto tirata in ballo». Il nonno di Rastrelli è stato tra i fondatori del fascismo napoletano, console generale della Milizia fascista, commissario prefettizio durante la Repubblica di Salò, vicesindaco di Napoli nella giunta Lauro. Il padre è stato senatore con il Msi e, passato ad An, presidente della regione Campania. Da mesi il partito di Meloni scommette sulla candidatura Rastrelli. «Ci è stato proposto Maresca – prosegue Santoro -, un nome autorevole. Rispettiamo la sua storia e quella di chi si è aggregato provenendo da esperienze diverse. Ma chiediamo lo stesso rispetto. Se non vuole fare un’alleanza strategica con noi ne prendiamo atto e andiamo per la nostra strada».

Perché Maresca resiste? Magistrato in aspettativa, ha lavorato dal 2007 al 2018 alla Dda di Napoli, impegnato in inchieste importanti contro i Casalesi. Partiti con strascichi giudiziari sono difficili da tenere accanto. Poi c’è il tema della platea elettorale. Il centrodestra non ha un grande bacino in città mentre sono molti gli indecisi. Come pure sono tanti i candidati in libera uscita. Con Maresca, ad esempio, si è schierato Peppe Balzamo, una vita nel Pci fino al Pd, da cui è andato via sbattendo la porta. Dato in avvicinamento anche Francesco Chirico, presidente della II Municipalità eletto con Dema (la lista del sindaco Luigi de Magistris). E Alessandro Nardi, passato dai Verdi a incarichi di peso con de Magistris. Fino a un ex 5S come Roberto Ionta. A non volere i simboli dei partiti di centrodestra è anche Essere Napoli, l’associazione dell’imprenditore Giuliano Annigliato, uno dei motori della campagna elettorale di Maresca.

Non sono solo i simboli a rendere le acque agitate. Maresca ha bollato la richiesta al governo di una norma «Salva Napoli», avanzata dal competitor di centrosinistra Manfredi, come «un pacco per Napoli» aggiungendo «non è la soluzione». Poi però è arrivata la candidatura a sindaco di Caserta del leghista Gianpiero Zinzi che ha fatto la stessa richiesta ricevendo la benedizione di Salvini: «I comuni vanno aiutati – ha spiegato il leader del Carroccio dalle colonne de Il Mattino -. Vale per Napoli e per Caserta».