Finalmente il nostro mare può tirare una boccata d’ossigeno e liberarsi di un po’ di plastica da cui è invaso. È stata infatti approvata la legge Salvamare, uno strumento, richiesto dall’Unione europea, che consentirà ai pescatori di portare a terra la plastica recuperata con le reti invece di scaricarla in mare. Azione che prima costituiva il reato di trasporto illecito di rifiuti. Molto soddisfatte le associazioni ambientaliste, con Marevivo in prima fila che ha promosso una petizione per l’approvazione della legge che ha raccolto oltre 100 mila firme. «È una grande vittoria: per il nostro mare – afferma Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo – Grazie a questa legge, avremo più forza per ripulire il mare dalla plastica, una vera piaga per l’ecosistema marino e non solo. Le microplastiche, infatti, sono state trovate nella placenta delle donne, nel sangue e nel latte materno. Non c’è più tempo: dobbiamo agire tutti insieme. Il nostro futuro dipende dalla salute del mare e la salute del mare dipende da noi». Insieme a Marevivo festeggiano la Federazione del Mare, Assonave, Assoporti, Confindustria Nautica, Confitarma, Federpesca, Lega Navale, Lega Italiana Vela, Stazione Zoologica Anton Dohrn e La Grande Onda.

La legge, inoltre, prevede l’installazione di sistemi di raccolta alla foce dei fiumi per intercettare la plastica prima che arrivi in mare e si occupa anche di dissalatori, educazione, campagne di pulizia, Posidonia oceanica e tanto altro. Ma l’entusiasmo per questo importante passo in avanti nella tutela dell’ambiente non deve farci dimenticare che ogni mezz’ora perdiamo un’area ricoperta di praterie marine estesa come un campo di calcio. Infatti, così come le foreste della terraferma, serbatoio di ossigeno del pianeta, sono sempre più minacciate dall’intervento umano, anche quelle del mare, che producono più del 50% dell’ossigeno che respiriamo, sono in forte pericolo.

IL FATTO CHE NON LE VEDIAMO non deve farci ignorare che il loro ruolo è determinante: assorbono circa un terzo dell’anidride carbonica in eccesso prodotta dalle attività umane con una velocità 35 volte maggiore rispetto alle piante terrestri e svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento degli equilibri naturali indispensabili per la nostra vita e per quella del Pianeta.

Le foreste del mare inoltre offrono rifugio a oltre un quarto delle specie di flora e fauna del Mediterraneo, un hotspot di biodiversità caratterizzato da un’elevata diversità di ambienti e di organismi, con un numero stimato di oltre 17.000 specie (circa il 7,5% degli organismi marini presenti sul pianeta), e sono fondamentali per la sopravvivenza di numerose specie di pesci, molluschi, echinodermi e crostacei. Costituiscono infatti il riparo ideale per questi organismi marini che trovano tra le fronde condizioni ottimali per la riproduzione e l’alimentazione, parte della quale è costituita dalle foglie stesse.
Purtroppo, però, si stima che solo in Italia oltre il 30% delle praterie sommerse e fino all’80% delle foreste algali sia andato perduto e si prevede che entro il 2050 si arriverà a un’ulteriore regressione del 21% a causa dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici e di altre attività umane come l’urbanizzazione delle coste, la pesca a strascico e l’ancoraggio selvaggio.

PER QUESTO, L’ASSOCIAZIONE ambientalista Marevivo, che da sempre si occupa della tutela delle praterie sommerse, a partire da quelle di Posidonia oceanica, ha lanciato la sua nuova campagna nazionale “RePlant”, un progetto di divulgazione scientifica e sensibilizzazione che vuole aumentare la consapevolezza dei cittadini riguardo al ruolo vitale di questi ambienti marini minacciati dalle attività umane, mettendo in pratica sperimentazioni di piantumazione della Cymodocea nodosa, con l’obiettivo di poter un giorno riforestare il mare così come si fa sulla terra.

«Il nostro futuro dipende dalla salute del mare e la salute del mare dipende da noi – dichiara Raffaella Giugni, Responsabile Relazioni Istituzionali di Marevivo – “Replant” nasce proprio da un’urgenza: l’immenso patrimonio di biodiversità nascosto sotto il livello del mare è di vitale importanza per la nostra sopravvivenza sul Pianeta. Forse non tutti sanno che una prateria di Cymodocea di 2mq rilascia in media al giorno una quantità di ossigeno pari a quella prodotta da un albero adulto. Il ripristino degli ecosistemi marini degradati è parte del Pnrr ed è anche una delle priorità individuate dalle Nazioni Unite per il decennio del mare. Questo dovrebbe farci riflettere sull’importanza delle foreste marine che, proprio come quelle terrestri, devono essere tutelate e conservate».

L’attività sperimentale della campagna di piantumazione prevista da “RePlant”, partita a maggio nell’area dei fondali marini di Aurisina in provincia di Trieste, si compone di più fasi: una prima indagine sul territorio per identificare le aree di prelievo delle piante e le aree ideali per il trapianto e l’attecchimento delle zolle; una seconda fase di formazione degli operatori e una terza fase finale di trapianto delle zolle di fanerogame sommerse e monitoraggio dell’attecchimento, con un’analisi del tasso di espansione delle neonate praterie e del livello di accrescimento di biodiversità.

«Nel Golfo di Trieste le praterie di fanerogame un tempo ampiamente diffuse lungo tutta la costa, si sono drasticamente ridotte o sono localmente estinte anche laddove le cause che ne hanno determinato la scomparsa sono state rimosse”, sostiene la Professoressa Annalia Falace, biologa marina dell’Università di Trieste.

TRA LE TANTE FANEROGAME troviamo la Posidonia oceanica e la Cymodocea nodosa, piante che vivono sotto il livello del mare – spesso erroneamente identificate come alghe – composte da radici, fusto e foglie, che producono fiori, semi e frutti e che svolgono un ruolo fondamentale a livello ecologico e di biodiversità; una funzione analoga è svolta anche dalle alghe brune, tra cui la Cystoseira. Queste tre specie sono tra quelle fondamentali per la salute del Mediterraneo che senza di esse deperirebbe in breve tempo.

La Cymodocea nodosa, in particolare, svolge un fondamentale ruolo ecologico: contribuisce alla mitigazione del cambiamento climatico tramite l’assorbimento di CO2 e la produzione di ossigeno, racchiude i microhabitat naturali di numerose specie animali e vegetali del Mediterraneo, tra cui orate, seppie, dentici, triglie e murene – contribuendo così al mantenimento della biodiversità – e mitiga l’erosione costiera, attenuando il movimento ondoso e riducendo la quantità di sabbia portata via dal mare. A oggi la Cymodocea compare tra gli habitat minacciati e in declino: per questo è fondamentale e urgente innescare un processo di ricolonizzazione, protezione e valorizzazione delle praterie marine.

Il progetto, che gode del patrocinio del Mite, è reso possibile grazie al sostegno di Acer e della collaborazione di Conisma, dell’Area Marina Protetta di Torre del Cerrano, dell’Associazione culturale MaDre, di JustOnEarth e Quoise Eyewear.