Dopo la seconda notte al freddo e sotto la pioggia i naufraghi soccorsi dalla Mare Jonio di Mediterranea sono sbarcati. Ma non tutti. 142 hanno toccato terra ieri mattina dopo un trasbordo della guardia costiera. Altri due erano stati evacuati per ragioni mediche. I restanti 70 dovranno scendere a Pozzallo. Il porto era stato assegnato venerdì ma dal ponte di comando hanno risposto che non erano in condizione di percorrere un altro tratto di mare aperto per la situazione meteomarina e il sovraffollamento. Su una nave di appena 38 metri c’erano 214 naufraghi, più 11 membri dell’equipaggio.

«Siamo contenti di aver salvato tutti, ma non si può attendere così tanto per lo sbarco. I migranti vengono da un lungo viaggio e tante sofferenze», ha detto la capo missione a bordo Sheila Melosu. Da terra Luca Casarini ha ringraziato la capitaneria di porto per gli interventi delle ultime ore ma ha puntato il dito contro il governo: «Il sistema dei soccorsi non funziona. Bisogna dare più fondi e mezzi alla guardia costiera, usare le navi della marina come durante l’operazione Mare Nostrum e uscire dalla gestione emergenziale a Lampedusa». Sull’isola nelle ultime 72 ore si sono verificati diversi sbarchi autonomi che hanno riempito l’hotspot. Nella notte tra venerdì e sabato due barconi con 109 persone sono stati soccorsi dai mezzi della capitaneria.

Ieri sera, dopo un parziale miglioramento del tempo, la Mare Jonio è partita alla volta di Pozzallo assegnato, come ormai da prassi, con la formula di Port of destination (Pod) invece di Place of safety (Pos). «Il Pod viene dato alle unità commerciali per lo scarico rapido ed efficiente delle merci. Dopo i salvataggi le convenzioni internazionali prevedono l’assegnazione del Pos», afferma Vittorio Alessandro, coordinatore del comitato per il diritto al soccorso e già portavoce della guardia costiera.

Peggio è andata alla Louise Michel, piccola e veloce imbarcazione finanziata da Banksy. Fino a ieri sera ciondolava vicino Lampedusa perché le autorità hanno negato il trasbordo e non hanno risposto alle richieste di Pos. «La situazione sta diventando sempre più difficile, le persone sono esauste. Ci sono onde e vento e non è possibile ripararle tutte al coperto», fanno sapere dalla Ong. Dopo due evacuazioni mediche di donne incinte e relativi mariti, sul ponte restano 58 naufraghi. Tra loro sei minori e due bambini piccoli.

Nella zona di ricerca e soccorso (Sar) rimane invece la Geo Barents, grande nave di Medici senza frontiere. Nei giorni scorsi ha salvato 439 persone. Ieri ha tentato di offrire assistenza a 16 migranti partiti dalla Libia e rifugiatisi poi sulla piattaforma Miskar, in zona Sar maltese ma più vicina alla Tunisia. La marina di questo paese ha inviato una nave militare, per la seconda volta in pochi giorni, a intercettarle. Un’operazione dubbia dal punto di vista giuridico che risponde alle crescenti pressioni italiane sul paese nordafricano, vicino alle cui coste giovedì c’è stato un naufragio. Sono morte almeno 11 persone.

Altre 50 sono in difficoltà al largo della città libica di Misurata. Alarm Phone ha lanciato un Sos ieri mattina ma le autorità europee rifiutano i soccorsi e i libici ritardano l’intervento.