Chi sono i maestri del vetro che, con la loro competenza, rendono celebri in tutto il mondo le fornaci di Murano? Intenti a dar vita a opere d’arte, stanno fuori dal sistema: hanno poco tempo per rilasciare interviste o coltivare pubbliche relazioni. Fino al 10 ottobre Man in the Glass, la mostra del fotografo polacco Marcin Gierat vincitrice del Bonhams Prize come miglior progetto nell’ambito della Venice Glass Week, ce ne fa conoscere il volto.

A cura di Alessandro Possati e Marica Denora e organizzata da Zuecca Projects nello splendido contesto dello Squero Castello (Salizada Streta 369), dove un tempo a Venezia si costruivano le gondole, la mostra presenta una serie di ritratti fotografici scattati da Gierat e impressi su vetro dai maestri stessi. Ogni vetreria coinvolta nel progetto – Nason Moretti, Schiavon Art Team, Barovier & Toso – ha creato le lastre utilizzando i colori e le tecniche tipiche della propria produzione. L’identità visiva del marchio di fabbrica risulta quindi non solo dalle facce di questi abili artigiani, in rigoroso bianco e nero, ma dai connotati cromatici del vetro, eloquenti di uno stile. Accanto ai ritratti, un video realizzato da Illumina Film e diretto da Possati e Gierat trasporta lo spettatore nella quotidianità dei maestri muranesi, alla ricerca di segreti da carpire.

In piena era postdigitale l’artista polacco lavora con una macchina del XIX secolo, esposta in una delle sale, e recupera la tecnica al collodio umido degli albori della fotografia. Si pone così in linea d’onda con l’arte manuale dei vetrai per valorizzare l’accoppiamento dell’artigianato di qualità tra fare e saper fare. Gli uomini ritratti e di rimando anche Gierat, artefice di queste enunciazioni, appaiono custodi di un tempo teso fra le loro azioni e la memoria dei gesti passati che esse evocano, perpetuando la sopravvivenza di una pratica. Peccato manchi una donna. Si gusta il modo in cui la sostanza del vetro è messa in forma e interagisce con le foto. Le lastre, non appese al muro ma visibili da entrambi i lati ad altezza umana, lasciano filtrare la luce. E, a seconda di come ci si sposta e muove davanti ai volti al loro interno, essi appaiono e scompaiono diafani. Finisce che si ritrova dentro anche lei/lui, la spettatrice immersa nel vetro, catturata fra gli interstizi in un viaggio di trasformazione onirico. Woman in the Glass! Se è un gioco voluto o no, solo questa esperienza vale la visita.