Marchionne: addio utilitarie in Italia. La Fiom: così ci sarà meno occupazione
Fca Il primo giugno verrà annunciato il piano industriale ma tutti gli stabilimenti sono in cassa integrazione
Fca Il primo giugno verrà annunciato il piano industriale ma tutti gli stabilimenti sono in cassa integrazione
L’annuncio ufficiale avverà nel Investor Day del primo giugno a Torino. Ma Sergio Marchionne ieri lo ha anticipato ai giornalisti a lui più vicini – alcuni ormai diventati veri agiografi – per preparare il terreno: in Italia Fca produrrà auto solo di alta gamma, scompariranno totalmente le utilitarie. La traduzione era già realtà sia a Pomigliano che a Melfi. Nella città che ha dato i natali a Luigi Di Maio già da un anno sapevano che avrebbero dovuto dare l’addio alla produzione della Panda – quella per cui nel 2011 Marchionne impose il suo modello. Tornerà in Polonia, in quella Tychy dove già si produce la 500 originale. In Basilicata il pensionamento della Punto era già stato definito, così come quello della MiTo(auto non proprio utilitaria) a Mirafiori.
La svolta avvenne già nel 2014 quando Marchionne decise di puntare sull’alta gamma, scelta che gli consentì di migliorare i conti dell’azienda ma non certo dei 60mila dipendenti italiani.
Il postulato allo scoop di Bloomberg dovrebbe essere l’elenco dei nuovi modelli di alta gamma che dovrebbero saturare gli stabilimenti di Mirafiori, Grugliasco, Modena, Pomigliano e Melfi, tutti oberati da settimane di cassa integrazione per mancanza di produzione.
E invece non ci sono certezze, specie per Pomigliano che andrà a perdere un modello – la Panda – che comunque garantiva numeri alti.
«Eliminare dagli stabilimenti italiani la produzione di utilitarie sarebbe una scelta incomprensibile per tre ragioni», attacca Michele De Palma, segretario nazionale Fiom. «La prima è che quel segmento è un punto forte della ricerca e sviluppo per auto elettriche ed ibride; ins econdo luogo bisognerebbe investire su piattaforme di condivisione di auto più piccole e, infine ma non meno importante, senza utilitarie il rischio d’impatto sull’occupazione aumenta sia per gli enti centrali dove si progetta fino agli stabilimenti di componentistica e assemblaggio».
Per Ferdinando Uliano (Fim Cisl) «i volumi produttivi sono la chiave per garantire il successo di questo piano e la tenuta dell’occupazione».
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