Oggi il Pt, il Partito dei lavoratori della presidente Dilma Rousseff e di Lula, dice di essere vittima di una strategia della tensione messa in mota dalla destra e dalla Tv Globo. Una tesi che non convince i giovani del partito che invece puntano il dito sui progressi che il Pt ha promesso in questi anni ma che non ha mai realizzato. Ne abbiamo parlato con Marcelo Alencar, professore di storia, deputato federale del Psol dal 2005 e prima ancora parlamentare del Pt a partire dal 1989, è un marxista cattolico, legato alla Teologia della Liberazione, iniziò la sua militanza nell’Associazione degli Abitanti di Rio de Janeiro. Nel Pt, insieme a Vladimir Palmeira e Milton Temer si distinse denunciando gli «inciuci» di Lula e Benedita da Silva. Oggi è considerato uno dei deputati più influenti nel Congresso di Brasilia.

Dove c’è lo zampino della destra e dove si avverte l’urto dei settori popolari?

La Tv Globo e la rivista Veja, nonostante i milioni che il governo federale paga per la pubblicità, non perdono l’occasione di attaccare il governo di Dilma, ma non per esautorarla dal potere, ma perché vogliono che la presidente faccia quello che a loro conviene. Per quanto riguarda la vera destra, quella che conta, cioè quella degli industriali, dell’agro-bussines, degli importatori, dei banchieri, sono tutti a favore del governo. Basta pensare che Delfim Netto, l’ultimo ministro dell’economia dei generali ripete spesso che «Lula ha salvato il capitalismo in Brasile». O che il banchiere Olavo Setubal recentemente ha dichiarato che «Lula è stata una grata sorpresa».

Quindi resta la destra legata ai settori più conservatori, agli opportunisti del Psdb di Fernando Henrique e agli oltranzisti militari. Poca cosa per una strategia della tensione creata ad hoc per far cadere il governo.

Il problema è un altro, è che i settori popolari si sono stancati di aspettare un benessere che è arrivato quasi unicamente per gli impresari dell’agro-bussines, per i banchieri e gli industriali. Le continue privatizzazioni e adesso la vendita dei blocchi petroliferi del Pre Sal hanno di fatto corroso i cordami della «insoddisfazione accettata». Cioè l’autocensura che lavoratori e poveri si imponevano perché al governo c’era Lula. Adesso con Dilma, che non è tanto carismatica come Lula, questo meccanismo si è bloccato e per questo la gente è scesa in piazza perché il sistema sanitario è un disastro, come pure l’istruzione e i trasporti pubblici. Questo perché il governo federale ha sprecato le sue risorse in progetti di autentica megalomania oltre ad aver finanziato i progetti di industriali e multinazionali.

Uno dei grandi meriti del presidenzialismo lulista è stato quello di fare dei governi cosiddetti “amplos e abertos”, in cui ha partecipato perfino il Prn, il partito di Collor. Secondo lei il popolo che lavora, che soffre con l’aumento del costo della vita, che accusa l’inflazione si è stancato di questi continui «inciuci»?

Non direi che siamo alla fine di una fase politica, però è vero che queste manifestazioni possono sancire la crisi della compravendita della politica. È anche vero che i manifestanti criticano duramente i partiti politici ma non appoggiano l’anti-politica come invece sbandiera la Tv Globo. Siamo in un momento in cui la protesta è generalizzata nel condannare la corruzione. È una protesta inter-classista con forti componenti organizzate anti-capitaliste che vogliono trasparenza e partecipazione proprio per evitare che lo stato diventi un balção de negocios, cioè un locale per affari tra amici.