In attesa che le manifestazioni culturali più interessanti diffuse in Italia progettino strutture stabili per i territori e non solo consumi fine a se stessi, godiamoci la vitalità di alcuni festival. La decima edizione dello Sponz Fest, diretto da Vinicio Capossela fino al 27 agosto nei paesi dell’Alta Irpinia è dedicata quest’anno alla terra. Sponz Coultura, nella doppia accezione di cultura e coltura, è una festa mobile di incontri e concerti (il programma su www.sponzfest.it) con proiezioni, dibattiti e tanta musica. Domani ad Andretta incontri dibattimentali e musica al femminile seguita dal concerto di Bobby Solo e da quello di Micah P. Hinson. Da giovedì a sabato lo Sponz è a Calitri con il forum a più voci sulle «terre alte» e le musiche del rebetiko, tango, duende, saudade e rancheras. Sabato si chiude col concertone di Vinicio Capossela, la sua banda e svariati ospiti. Nel mezzo la perla del concerto «Futura umanità» di Mara Redeghieri, interprete della canzone militante a cui abbiamo fatto alcune domande.

Cos’è oggi per te il vecchio adagio della futura umanità dell’Internazionale?

Poesia e ambiente sono i contenuti del mio concerto. Per noi in montagna qualunque ospite è sacro perché è un modo per onorare non solo le persone ma il nostro territorio. Mi piacerebbe che tutti facessero di questo binomio poesia-ambiente la loro cifra di impegno.

Cosa significa essere cantore delle montagne?

Sono legata all’Appennino reggiano, non andrò mai via da qui. Dobbiamo far pace col mondo naturale. Siamo fuggiti dalla terra per un’idea malsana della grande città, ma qualcuno sta tornando, è una strada difficile ma qualcuno ci sta provando. Dovrei provarci anch’io, smetterla di chiedere che lo faccia una «politica» che sta crollando. Sono le persone che si devono muovere. Amo il canto popolare e la letteratura popolare, le voci dei contadini, degli umili, dei migranti. Adesso è diventato il mio unico filone artistico. Creare un canto per i migranti e i deboli: questo significa per me «cantore di montagna».

La terra è al centro dello Sponz di quest’anno. Ricordo una vecchia intervista televisiva a Patty Pravo che insisteva nel consigliare di far coltivare le patate ai giovani. Diceva che era l’unico modo per imparare cos’è la vita. La conoscevi?

No, non la conoscevo ma è una risposta incantevole! La maggior parte di noi ha perso il contatto con la terra e gli animali. Considero il Covid una risposta disastrosa all’ambiente che abbiamo creato. Bisogna cominciare a dire, e a urlare, che cinquanta anni di consumi sbagliati, di «gloria» e di «godimento» assurdo ci hanno lasciato cambiali salate da pagare.

Dopo questa tua carriera, intervallata anche da significativi e lunghi silenzi, mi sapresti dire cos’è oggi per te l’impegno politico?

È la domanda più difficile in assoluto perché prima della politica io penso agli esseri umani. Oggi la politica ha perso il contatto reale con gli esseri umani ma è lì che occorre ritornare. Ci dobbiamo impegnare noi, non possiamo più delegare, tanto più che viviamo in un’epoca in cui le cose finiscono presto, vedi il movimento delle sardine che mi aveva intrigato alla sua nascita.

E l’impegno artistico cos’è per te?

Scegliere cosa cantare, con chi cantare e per chi cantare. Non è tanto politica ma uno schieramento contro un sistema consumistico anche nell’arte. Mettiamola così: vado in battaglia con la mia piccola «carriola di legno», insomma un’arte povera se vogliamo, ma quando la gente ci vede ci offre un caffè.

Quali consideri le tue canzoni bandiera?

I ribelli della montagna e Cento pecore e un montone, cioè l’inno ai partigiani e il ritorno al contatto con la natura e le bestie di cui, non va mai dimenticato, facciamo parte.

Progetti per il futuro?

Chissà, forse è l’ora di cominciare a coltivare patate. A parte gli scherzi, mi piacerebbe continuare, i miei 61 anni permettendo, scrivendo cose nuove con una musica semplice fatta di chitarra e voce.