Il sarcofago di Briobris di Vico, figlio naturale del prefetto pontificio e grande nemico di papa Clemente VI Giovanni di Vico, si trova nella chiesa di San Francesco in Vetralla ed è opera di Paolo Romano.
Riccardo Rosati, antiquario e intellettuale, ci si è trovato di fronte la prima volta per caso. Affascinato dalla bellezza della tomba, incuriosito dallo sfregio di cui il monumento è stato vittima e dall’oblio che circonda il cavaliere sepolto ha continuato ad approfondire quella vicenda: la spedizione contro di Vico, che signoreggiava sull’intero Lazio, ordinata dal pontefice da Avignone e guidata dal cardinale guerriero Egidio Albornoz nel 1353.

ALLA FINE, in questo suo primo romanzo, Sul confine (Davide Ghaleb Editore, pp. 207, euro 12.00), la ha intrecciata con ben più attuali vicende: quella di un ex terrorista malato e deciso a onorare sino all’ultimo la propria biografia, quella di un antiquario piratesco che corre sul confine della legalità e alla fine viene travolto.
Sono tutte figure sconfitte ma sull’ex terrorista, come sul guerriero ucciso a Vetralla dai mercenari del cardinale, grava il peso di una rotta più radicale.

NON BASTA che siano stati vinti, anche la loro memoria, quella della guerra ghibellina contro il papato come quello della rivoluzione inseguita dalla lotta armata rossa oltre sei secoli dopo, deve essere perennemente accompagnata dal vituperio e dall’esecrazione: la sorte che attende chi è stato definitivamente battuto ma si lascia dietro la scia della paura che aveva destato nei vincitori.
Il protagonista del romanzo, Valerio Sciarra somiglia a Rosati: è antiquario, ha appena chiuso dopo decenni una quotata galleria a Roma, ha un passato di Movimento. Ha sfiorato la lotta armata senza finirci coinvolto quasi per caso. Nuota ai bordi dello stesso mare nel quale il grande antiquario e faccendiere Melandri era lo squalo tigre, prima di essere spolpato da altri predatori anche più subdoli di lui. La sua sconfitta è stata meno tragica di quella dell’amico ex terrorista Corisco, anche se non meno completa. Ma Sciarra sa affrontarla con maggiore vitalità, con una sensualità e una passione per la vita, con un’ironia capace di sdrammatizzare che rinvia a quell’altra metà di sé che si riflette più nel pirata Melandri che nel guerrigliero Corisco.

A MODO SUO, Sul confine è anche un manuale di sopravvivenza per chi è stato tanto battuto da vedere la propria storia cancellata o riscritta a uso dei trionfatori. Per Sciarra quell’àncora di salvezza è la bellezza, intesa nell’accezione più vasta.
Quella delle opere d’arte a cui come antiquario dà la caccia, delle donne che ama o ha amato, dei boschi della Tuscia, dei cavalli e della fauna e della cucina di quella regione selvaggia: il libro di Riccardo Rosati, assessore alla Cultura di Barbarano Romano, nel cuore della Tuscia, è anche una appassionata dichiarazione d’amore per la terra che lo ha adottato.

Tra le righe, Sul confine veicola una riflessione anche più articolata sulla sconfitta. Sciarra ospita una ragazza. Vivono insieme, intrecciano una relazione che potrebbe anche sfociare in un amore.

LEI È ATTIVA nei centri sociali, lui ha un passato di movimento confinante con la lotta armata, eppure fino alla fine del romanzo nessuno dei due sospetta l’impegno dell’altro, a siglare l’interruzione di una continuità, fatta anche di fratture e scontri ma pur sempre dialettica, che somiglia molto al sarcofago sfigurato e dimenticato di Briobris.