Draghi non vuol perdere tempo ma gli ostacoli non sono stati rimossi. Il consiglio dei ministri si dovrebbe riunire oggi ma solo per varare un decreto per «semplificare» le procedure di attuazione del Pnrr. La manovra non sarà però in agenda. Il governo dovrebbe occuparsene giovedì ma non è affatto escluso un ulteriore slittamento di 24 o 48 ore. Perché i nodi irrisolti sul tavolo ci sono ancora tutti.

Dopo giorni di incontri e riunioni Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco hanno deciso di sbloccare l’Ape social e Opzione donna prolungando entrambe le misure per un anno. Era una scelta sostenuta a spada tratta dalla sottosegretaria di LeU Cecilia Guerra e in realtà quasi obbligata. Senza il rinnovo dell’Ape si sarebbe riproposto proprio quel traumatico scalone che l’uscita graduale da quota 100 vuole evitare e Opzione donna è già di per sé sin troppo penalizzante. Ma in prima battuta il governo aveva escluso il rinnovo di entrambe.

Alla soluzione potrebbe accompagnarsi la scelta di calcolare le quote che riporteranno gradualmente alla Fornero solo sulla base degli anni di contributi e non dell’età che resterebbe fissa a 64 anni. La Lega non si accontenta. Insiste nel chiedere di limitarsi a passare da quota 100 a quota 102, ripete di «stare lavorando per quota 41», cioè per fissare l’età pensionabile con solo 41 anni di contributi. Insorgono i sindacati, che vogliono una vera riforma delle pensioni basata sulla flessibilità. La mediazione fa solo un passo limitato nella direzione indicata dal Pd e dal ministro Orlando, una sorta di intervento «interno» alle maglie della Fornero offrendo l’uscita anticipata solo alle donne e ai lavori usuranti.

Più di questo Draghi non vuole e forse non può fare. Non vuole perché condivide l’indirizzo deciso dalla Ue, che mira al contenimento drastico della spesa pensionistica. Non può perché per varare una vera riforma delle pensioni servirebbero ben più dei 600 milioni stanziati per le pensioni quest’anno. Bisognerebbe rivedere il Documento già inviato a Bruxelles, opzione che Draghi e Franco non prendono neppure in considerazione. Ma c’è di più. Le tante dichiarazioni dei politici praticamente di tutti i partiti che chiedono di «non tornare alla Fornero» sono fuorvianti. La Fornero non è mai uscita di scena. Quota 100 era solo una finestra, che ha funzionato solo in parte e che Draghi è determinato a chiudere, sia pur gradualmente, perché la considera troppo costosa e poco efficace. Tenerla aperta o mettere mano a una nuova riforma delle pensioni, diversa da quella voluta dall’Europa, sarebbero però segnali presi molto male a Bruxelles in una fase molto delicata, quella in cui si ridiscuteranno regole e parametri.

Le pensioni non sono il solo scoglio. Il fisco, che con 8 miliardi su circa 23 è la principale voce di spesa, resta un nodo irrisolto. Le insistenze di Lega, Fi e Iv per aumentare lo stanziamento non approderanno a niente ma sul come investire quel fondo partiti e ministri sono divisi. Le possibilità sono fondamentalmente tre: Irap, Irpef e cuneo fiscale. Draghi e Franco mirano però a concentrare l’investimento su un fronte solo, perché parcellizzato servirebbe a poco. È probabile che per il premier e il ministro dell’Economia l’opzione migliore sarebbe il cuneo fiscale ma l’intesa nella maggioranza sembra ancora lontana. Così ieri veniva data per certa quella che 24 ore prima pareva soprattutto una boutade, oppure una minaccia. Senza uno sblocco della situazione in extremis la legge di bilancio si limiterebbe a stanziare il fondo, certificando così che non andrà oltre gli 8 miliardi stabiliti, ma lascerebbe in bianco la destinazione, che verrebbe indicata solo nel corso dell’iter parlamentare.

In sospeso, infine, il cashback. Per Conte e i 5 Stelle il ritorno della misura varata dal governo Conte 2 è irrinunciabile. Si possono apportare modifiche, come nel Reddito di cittadinanza, ma la bandiera non va ammainata. Draghi però ha sempre giudicato quella misura inutile, senza nasconderlo. Al momento, dunque, l’unico passo avanti è stato fatto sul superbonus per le abitazioni monofamiliari, che dovrebbe rientrare ma solo con tetto di reddito. Per il resto il primo vero braccio di ferro tra Draghi e la sua maggioranza prosegue.