Nel 2014 Supermassive Games ci aveva allietato con Until Dawn, un videogioco horror dalla grafica iperrealista e uno schema semplice, non dissimile dai classici punta e clicca alla Syberia, ma efficacemente terrorizzante.
L’idea, ambiziosa ma potente, era di declinare i cliché degli teen movie da paura su console. Niente che non si fosse visto prima, la saga di Walking dead della Telltale, per esempio, pur con una grafica meno accattivante e fumettosa, si muoveva sugli stessi binari, ma, a fare la differenza, era stavolta il gioco metacinematografico tra il giocatore e il suo personaggio, un transfert che lo vedeva commettere gli stessi errori delle vittime tanto schernite da Scream. D’altronde è più facile commentare un film (e Until Dawn era quasi una pellicola interattiva) che vivere l’esperienza dall’interno, col cuore che batte a mille inseguiti da un killer sanguinario mentre il tempo inesorabile scorre sulle tue decisioni. Dopo questo gioco Supermassive Games si era buttata in prodotti sciagurati come Rush of Blood, uno sparatutto su binari per il Vr, ed altri, interessanti ma deboli, come The Inpatient, un tentativo fallito di dare un prequel proprio al loro lavoro horror più famoso, fallendo però stavolta sul piano della paura. Quindi da questo Man of Medan ci si poteva aspettare tutto o niente, l’ennesima delusione glorificata dal solito comparto grafico fantastico o un videogame capace di bissare le emozioni vissute in Until Dawn.

Fortunatamente il miracolo, pur non raggiungendo i livelli di quella loro prima opera horror, riesce egregiamente e, fin dalle prime sequenze, ci troviamo immersi in un’avventura concitata che ci trasporterà, insieme a ben 4 personaggi, su una nave popolata, forse, da fantasmi.

Diciamo subito che la storia di Man of Medan è più banale e meno articolata di Until Dawn, tanto che scoprire il segreto di pulcinella, un po’ alla Scooby Doo, che muove questi mostri non è poi difficile, ma questo lo si deve imputare soprattutto al concept dell’opera, la sua natura da finto episodio tv. Infatti quest’avventura fa parte di una serie che verrà distribuita nei prossimi mesi, la The Dark Pictures Anthology: 8 episodi a tema horror, scollegati e ognuno con il proprio tema specifico, in questo caso gli spettri. Quindi la durata breve dell’opera, 5 ore circa vendute però a 30 euro, giustifica anche soluzioni narrative più frettolose, vivibili soprattutto in una seconda parte col pedale sull’acceleratore, e in un finale, qualunque esso sia, abbastanza deludente. Non si pensi però che Man of Medan sia un gioco mediocre, anzi fa il suo lavoro in maniera eccellente, solo che, con più spazio per sviluppare le storie dei singoli personaggi, più possibilità di depistare il videogiocatore, avremmo avuto tra le mani un altro capolavoro e non solo un ottimo gioco del terrore, cosa non di tutti i giorni comunque.

A sancire la sua natura ibrida di telefilm interattivo su console ci pensa poi l’introduzione, dopo un suggestivo prologo durante la seconda guerra mondiale, di una vera sigla da serie tv e l’arrivo di un narratore, come ai bei tempi di Alfred Hitchcock presenta o Ai confini della realtà.

Per il resto a fare la parte del leone sono soprattutto le scenografie, magnifiche in alcune aree della nave come la sala da ballo, i personaggi dai rapporti interpersonali interessanti, e ovviamente gli spettri che infestano le aree, raccapriccianti, spaventosi e, come nel caso dell’orribile pin up zombi, capaci di farvi sobbalzare dalla sedia.
Grafica come ci si aspetta meravigliosa, nemici vari e un’illusione di open world, grazie anche alle molte location, alcune in pieno alto mare, che rendono Man of Medan un’esperienza interessante, da non perdere se ami il genere horror e i B movie stereotipati ma gagliardi. Alla fine dell’avventura poi il narratore ci dà appuntamento per la seconda puntata, Little Hope, e noi, vedendo le sequenze cupe che occhieggiano a Hellraiser di Clive Barker, non possiamo che fregarci le mani nell’attesa.