Non è un politico qualsiasi, il senatore di Forza Italia Antonio Caridi. Non è un peone Ma un tassello decisivo nei delicati equilibri del centrodestra calabrese. Un mare magnum dove galleggiano pesci abituati a nuotare nei centri di potere. E in questo momento il centrodestra ha in mano mezza regione, tutte le città più importanti tranne una, Reggio Calabria. Guarda caso quella che è al centro dell’inchiesta che ieri ha scoperchiato la cupola ‘ndrangheta-politica. Secondo i magistrati della Dda reggina, nel 2002 Peppe Scopelliti e Pietro Fuda furono eletti sindaco e presidente della provincia grazie ai voti delle cosche. Gli inquirenti sottolineano il «ruolo determinante svolto per le due elezioni reggine dagli avvocati Paolo Romeo e Giorgio de Stefano», figure apicali della struttura direttiva occulta che sovrintendeva ai vertici dell’organizzazione criminale. L’ex deputato Romeo, De Stefano, l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, e il senatore Caridi (per il quale bisognerà attendere l’autorizzazione del Senato) sono da ieri agli arresti. L’indagine ha individuato la struttura segreta di ‘ndrangheta, in grado di dettare le linee strategiche dell’organizzazione, di interagire con gli ambienti politici, istituzionali e imprenditoriali per infiltrarli e asservirli ai propri interessi.

In particolare la Dda insiste sul ruolo determinante del sodalizio nel condizionamento di alcuni appuntamenti elettorali in ambito comunale, provinciale, regionale. Nonché nell’individuazione di propri affiliati da proiettare in parlamento. Caridi, eletto al senato con la lista del Pdl, era persino diventato componente della commissione antimafia su indicazione di Renato Schifani. Ma il nome di Caridi era comparso nel 2011 in un dossier che la Dda di Genova inviò successivamente all’ex presidente dell’antimafia Beppe Pisanu. Nel rapporto si faceva riferimento all’appoggio in suo favore, fornito da cosche calabresi di stanza in Liguria nel corso della campagna elettorale per le regionali in Calabria. Che fu dunque costretto a dimettersi dalla commissione. Anche l’ex sicario del clan De Stefano, ovvero Giovanbattista Fracapane, aveva fatto il suo nome quale politico gradito al boss Orazio De Stefano o, comunque, di aver sentito tale nome negli ambienti mafiosi di Archi.

Oggi Caridi è commissario provinciale di Forza Italia a Crotone dopo un periodo di transizione in Ncd al seguito del suo mentore Schifani. «Questo è uno spartiacque. Chiunque voglia affrontare seriamente la lotta alla criminalità organizzata da domani dovrà partire da qui». È tranchant il comandante del Ros Giuseppe Governale nella conferenza stampa. L’indagine, diretta dal pm Giuseppe Lombardo, è destinata a cambiare il modo di intendere la ’ndrangheta e di combatterla, perché – era ora – il nemico più subdolo ha un volto. La nuova struttura si chiama mammasantissima o Santa ed è in quell’ambito che, fin dagli anni Settanta, hanno tessuto le loro trame gli avvocati Romeo e de Stefano, rappresentanti della componente più occulta della ’ndrangheta reggina. È l’anima nera della borghesia dello Stretto, al centro delle inchieste sugli intrecci più oscuri della Repubblica dagli anni Settanta ad oggi. Un territorio di mezzo che puzza di massoneria, mafie, paccottiglia di destra che negli anni è divenuto il silenzioso protagonista di trame maturate a Reggio. È in questi anfratti che a Lega Nord ha trovato personaggi come il neanche laureato Giovanni Mafrici, in grado di guidare il Carroccio lungo i canali di riciclaggio dei De Stefano. È nel medesimo crinale che si è si è strutturata la composita rete internazionale pronta ad attivarsi in Costa Azzurra come a Roma, a Beirut come a Imperia per salvare Amedeo Matacena, condannato come referente istituzionale del clan Rosmini.

’Ndrine e politica: due mondi che in quell’area mediana sembrano complementari. Perché legati da una mutua necessità e da comodi grembiuli, utili a occultare le diverse provenienze e a spiegare casualità e circostanze. Una milizia di servitori dell’Antistato, arruolati per infettare le istituzioni. Tramite loro la nuova struttura avrebbe cercato di agganciare politici del calibro dell’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e l’attuale vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. C’era dunque un secondo livello che negli ultimi vent’anni ha selezionato, forgiato e preparato questo esercito di riservati. Fino a ieri solo immaginato. Oggi non più.