Proprio nei giorni in cui sul palcoscenico dell’Argentina si affastellavano a raffica gli short (spesso insensati, raramente ficcanti) che avrebbero dovuto disegnare il Ritratto di una capitale, bisognava sprofondarsi nell’umido tiberino dell’India per ritrovare del sano teatro (evidentemente bisogna proprio essere Fellini o Pasolini per strappare a Roma immagini veritiere: l’anno scorso sempre all’Argentina era scivolato sfortunatamente nella banalità un altro progetto molto simile curato da Claudio Longhi).

All’India invece si può scoprire una nuova e molto contemporanea, e maliziosa, Alice (in orari diversi a seconda dei giorni, ancora fino al 13 dicembre). L’inquieto romanzo del reverendo Carroll è stato riscritto per l’occasione da Fabrizio Pallara, che ne è anche regista e visionario scenografo (assieme a Sara Ferazzoli), e ad interpretarlo e produrlo è il suo Teatro delle Apparizioni, assieme al genovese Teatro del Piccione.

Nello spettacolo ci sono tutti i personaggi della classica Alice, ma tutti ritoccati e guardati con lo sguardo di oggi, seppur ben riconoscibili come Coniglio bianco o Cappellaio matto, allegri e caricati di tratti ben familiari, maneggiando un trovarobato fascinoso di oggetti bizzarri, come un retaggio domestico rivisitato da un folle designer, sempre ad un ritmo assai ironico e spiritoso. Dario Garofalo, Valerio Malorni, Raffaella Tagliabue e Danila Barone (l’ignara Alice) sono gli attori capaci di dar vita a molti diversi personaggi.

Dedicato ai bambini «dai cinque anni in su», lo spettacolo è in realtà ben godibile da un pubblico di tutte le età, cui l’esperienza permette di entrare maggiormente nelle pieghe ambigue e sinuose dello stupore di Alice. E non per togliere all’infanzia un interlocutore teatrale particolarmente sensibile ed efficace, ma viene da auspicare che anche Pallara, con pieno merito, trovi l’occasione di misurarsi con un teatro fuori del recinto generazionale, con la stessa padronanza e delicatezza con cui ha operato finora.