Alla fine del grande corridoio, una specie di galleria storica delle Olimpiadi, al primo piano del monumentale Palazzo del Coni, il Comitato olimpico nazionale italiano, con l’entrata sullo Stadio dei Marmi -, colpo d’occhio potentissimo progettato dall’architetto Del Debbio negli anni 30 – c’è lo studio del presidente. La porta è aperta. Giovanni Malagò ha mantenuto i pezzi di pregio dell’arredamento ma ha disseminato la stanza del suo palmares, le foto della carriera da sportivo e dirigente, le medaglie vinte con il circolo Canottieri Aniene (ne è presidente dal ’97). E punteggiato la scrivania di accessori gialli, l’altro colore del marketing Ferrari, di cui la sua azienda è concessionaria. Come negli altri suoi uffici, anche qui ha incorniciato una frase: l’elogio della «vocazione naturale» dell’imprenditore liberale. È Luigi Einaudi. L’uomo è così. Amico di tutti, politici, sportivi, artisti, registi. Stipendio in beneficenza. Cronache mondane e donne bellissime, ma questa sarebbe un’altra storia. Partiamo dall’ultimo capriccio di SuperMario, Balotelli: ha rifiutato l’appellativo di giocatore «anti-camorra», e poi ci ha ripensato. «Si deve aiutare da solo. In campo è uno capace di fare reparto da solo. Poi però ha atteggiamenti che non aiutano il giudizio dei tifosi e di tutta l’opinione pubblica».

Intanto gli stadi rischiano di essere chiusi per le norme contro il razzismo territoriale. E per i ricatti delle curve. Che succede al calcio italiano?

Si fa fatica a trovare chi ha ragione e chi ha torto se non ci si cala nei panni di ciascuno. Federazioni, giudici sportivi, arbitri che fanno i referti, presidenti di società, tifoserie penalizzate dai pochi che provocano i provvedimenti. La società dice: per colpa di cinquanta che intonano cori offensivi, o finti ironici, mi ritrovo una penalizzazione che punisce tutti, compresi gli abbonati. Il giudice dice: io devo applicare la normativa Uefa, tolleranza zero. La Federazione deve sostenere la giustizia sportiva. Morale: ci vuole buon senso. C’è da considerare il contesto, le cinque persone rispetto alle 5mila. C’è il tema dell’individuazione di una certa tifoseria anche nei nostri vetusti impianti calcistici: ci sono le telecamere, i biglietti nominativi, la fidelity card, la tessera del tifoso. Non possiamo passare da un eccesso di permissivismo alla chiusura degli stadi. Non si può accettare alcuna discriminazione, ovvio, ma vado allo stadio da anni, e non credo che quello del Milan sia stato il primo coro razzista da quando la misura è attiva.

Sta dicendo che Milan è stato discriminato, come sostiene Galliani?

Sto dicendo che serve buon senso.

Il razzismo nelle curve c’è.

All’interno di alcune curve c’è una minoranza che ha il gusto di esternare opinioni razzistiche. Ma se pensino davvero quello che dicono, o facciano provocazioni, non sono in grado di dirlo.

Le società stanno affrontando seriamente questo problema?

Anni fa no. Non dico che siano state complici, ma erano silenti. Ora sono corse ai ripari, ma nel frattempo il fenomeno è esploso provocando provvedimenti che umiliano tutto il calcio italiano.

Sarebbe sbagliato chiudere gli stadi?

Sarebbe una sconfitta del calcio. E tuttavia dobbiamo rendere conto alla federazione internazionale che ha calato su noi questi provvedimenti.

Si torna a parlare di Olimpiadi. L’anno scorso Monti bocciò l’ambizione di Roma di esserne sede nel 2024. Oggi, per il 2024, Letta è favorevole.

La scorsa volta, per la precisione, il presidente Berlusconi si disinteressò alle Olimpiadi, e delegò il ministro Tremonti e Gianni Letta, che a loro volta avevano sensibilità diverse. Il nuovo presidente del consiglio, subentrato in corsa, decretò la mancanza di volontà a sostenere una candidatura senza le garanzie necessarie. Oggi c’è un governo che dimostra forte sensibilità al tema. Mi fa piacere. Letta è vicino al nostro mondo. Ha un passato sportivo, non gioca solo a tennis, è un tifoso del Milan e un appassionato di pallacanestro e anche di pallavolo, in virtù di un’amicizia con Berruto, l’allenatore degli azzurri. È uno sportivo a tutto tondo e si occupa anche delle altre discipline. Questo vuol dire moltissimo, ma non basta. Per il piatto delle Olimpiadi serve qualche altro ingrediente. Stiamo lavorando con equilibrio e, credo, saggezza.

Quali ingredienti mancano?

Ad esempio, il governatore della Lombardia Maroni ha un’idea diversa sulla città da candidare. Ricordo che la scelta spetta al sindaco della città. Poi al Comitato Olimpico e, nel caso di più candidature, sono la Giunta e il Consiglio, sulla base del progetto, a scegliere la città. Oggi in teoria potrei non considerare la posizione di Maroni, che formalmente non ha voce in capitolo. Ma ho rispetto della persona e del ruolo, e voglio con calma – abbiamo due anni di tempo – valutare bene tutto. Non ho prevenzioni. Quello che si farà sarà nell’interesse del paese. Per quanto mi riguarda, se non si arriverà una scelta condivisa, non porterò avanti nessuna candidatura.

Se la candidata fosse Roma, riciclerebbe il progetto precedente?

Per alcune cose sì, per altre no. Serve un’idea innovativa, che caratterizzi il dossier in maniera peculiare. Un’idea che va individuata anche con il concorso di soggetti diversi. Conserverei però la centralità del Foro italico.

Lei ha vinto a sorpresa il voto sulla presidenza del Coni con un’idea di cambiare gli equilibri fra calcio e sport minori. A che punto è?

Chiede all’oste com’è il vino? È in corso una fortissima riconsiderazione degli sport cosiddetti minori. Il nostro ordinamento prevede pari dignità a tutti sport. Ho un approccio democratico, ma so che la considerazione di una medaglia d’oro nei cento metri è diversa dalle medaglie in altre discipline.

La Roma a Roma avrà un suo stadio?

È chiara la volontà dei nuovi soci. Dopodiché bisognerà vedere come, dove e quando. Da uomo di sport me lo auguro per la Roma e per tutte le altre. Il futuro è questo. Però dovranno essere progetti sostenibili. E valutati cum grano salis.

Lei è sempre stato vicino ai politici, in maniera bipartisan. In occasione dei mondiali di ciclismo ha fatto una scoppiettante conferenza stampa con Renzi. Cosa pensa di lui?

In politica sono laico. È un mondo che mi incuriosisce, mi affascina, spesso mi ha appassionato. Ma mantengo una sana lucidità. Ho avuto sirene bipartisan, ho sempre detto no. Renzi è un amico, sono molto in sintonia con lui. Ha un vantaggio pazzesco e non solo generazionale. È culturalmente nuovo, intelligente e ha tutte le qualità per fare bene.

Lei è molto amico anche di Montezemolo, che ha avuto una stagione di impegno politico a dir poco vivace.

La mia amicizia con Luca è fraterna. Su quella sua stagione ho sempre avuto un’opinione, e alla fine ho avuto ragione. Ho sempre sospettato che avrebbe vinto la sua voglia di fare il manager e l’imprenditore più che il politico a tempo pieno. Ma so quanto è stato tentato.

Anche Letta è un suo amico.

Vuol farmi fare la parte dell’amico di tutti? Se prova con un altro nome forse riesco a deluderla. Comunque questo governo, senza regalarci nulla, ci sta molto rispettando.

Gianni Cuperlo, altro candidato del Pd.

Non lo conosco. Ma l’ho visto in tv ed è una persona seria e di qualità.

E un grande appassionato di basket.

Passione di qualità, lo dicevo.

È superstizioso? Posso chiederle della sua squadra, la Roma?

Ma certo. Fino ad adesso stiamo andando molto bene, ma abbiamo fatto sette partite sulle 38 del campionato. Ci sono le premesse per fare una grande stagione. Di Garcia, ecco un’altra persona che non conosco, mi dice Totti che è persona straordinariamente seria e concreta. Ma sa come si fa il calcio? Con i piedi per terra. Come del resto tutto, nella vita.