In Lombardia il 53 per cento dei contagiati e il 68 di chi è in terapia intensiva ha oltre 65 anni. Qui come ovunque gli anziani hanno da temere di più dal coronavirus, quindi, «non andate a giocare a bingo o a carte, rimanete a casa», dice l’assessore al welfare, il leghista Gallera su Raitre. Un appello che non piace all’ex assessore alle politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino, oggi europarlamentare Pd. «Un appello comprensibile, più si limitano i contatti più si limita il contagio. Anche perché sono d’accordo con le ordinanze: l’allarme è reale. Ma le persone fragili e vulnerabili non hanno bisogno di un richiamo a stare a casa, hanno bisogno di un intervento a casa per non trovarsi soli in questi giorni. Mi aspetto dalla Regione un piano di assistenza domiciliare: se mettiamo insieme gli operatori delle cooperative sociali, quelli dell’assistenza domiciliare, i custodi sociali, i volontari, i medici di medicina generale possiamo costruire un’articolazione per le persone sole molto più efficace di richiami a rimanere a casa.

La Lombardia, colpita duro dal virus, ha anche qualche problema di comunicazione. L’immagine del presidente Fontana con la mascherina fa il giro del mondo. O in quell’immagine c’è di più?

Una spettacolarizzazione, uno scivolone. Ma il problema è politico. Nella Lega c’è sempre stato un gioco delle parti. Nella prima settimana dell’emergenza i presidenti Fontana e Zaia avevano un atteggiamento istituzionale e Salvini buttava benzina sul fuoco. Dovevano essere loro a richiamare Salvini e chiedergli maggiore unità.

E invece Fontana sventola la mascherina e Zaia parla dei cinesi che mangiano topi vivi. Fine della favola del “leghismo moderato”?

Queste vicende parlano da sé. Spero che ora si metta in discussione l’idea di cui è portatrice la Lega: che la soluzione dei problemi sta nel chiudersi nel proprio territorio, o nella propria nazione. E invece servono risposte globali, e integrazione delle politiche. Da questi giorni ci vengono due lezioni: il sistema della regionalizzazione della sanità senza coordinamento nazionale o, meglio, europeo è debolissimo perché il virus non guarda alle competenze delle istituzioni. Secondo: va in crisi un credo, e cioè che la sanità italiana possa essere tagliata o non finanziata adeguatamente. Oggi scopriamo che il sistema nazionale è fatto da medici e infermieri straordinari ma che è sotto finanziato rispetto a Inghilterra, Germania e Francia. In questi anni lo abbiamo disarticolato e non abbiamo investito abbastanza, abbiamo considerato un costo quello che è un investimento che aiuta a risparmiare. Oggi siamo costretti a ordinanze che producono danni economici. In questi anni abbiamo avuto una destra sfrenata sul non investire e una sinistra debole e subalterna.

In questi giorni si sono confrontati due modelli lombardi: quello di Fontana, della mascherina, e quello di Sala, di una Milano che comunque non deve fermarsi.

Trovare la misura giusta è stato difficile per tutti. Ripeto, io sono a favore delle ordinanze di chiusura. Ma certo Sala ha cercato, con uno spirito più sobrio, di dare il messaggio che comunque che si va avanti, il virus non ci deve bloccare. In Italia si è passati dal panico alla sottovalutazione. Dobbiamo riuscire a far ripartire l’ingranaggio economico, commerciale e della vita sociale senza sottovalutare la situazione critica sul piano della salute. Ora è la fase più difficile. Sappiamo che le città non possono fermarsi, ma ancora non abbiamo dati tali che ci possano far dire che la fase più acuta sia passata.

Il virus non conosce i confini, ma ancora una volta l’Europa si è presentata in ordine sparso.

Siamo a un livello surreale di assenza delle politiche integrate. Non siamo ancora riusciti nemmeno ad oggi a metterci d’accordo su come fare il controllo della febbre negli aeroporti. Sulla salute l’Europa sta dimostrando tutta la sua debolezza. Bisogna cambiare radicalmente passo. Speriamo di rivendicare presto qualche risultato.