La legge 194 che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza torna a far parlare di sé con la campagna #maipiùclandestine (maipiuclandestine.noblogs.org) oggi a piazza del Popolo a Roma dalle 15 (lato Pincio).

Promossa da diverse realtà, associazioni, collettivi e singole donne da anni impegnate nella difesa dell’autodeterminazione femminile, la campagna mira a coinvolgere tutti i territori italiani in una battaglia a salvaguardia della 194. L’attacco è la miglior difesa, verrebbe da dire. Il recente caso spagnolo che ha mobilitato le donne iberiche contro il cosiddetto “antiproyecto de ley” del governo Rajoy che vuole smantellare la legge sull’aborto, ha visto il sostegno delle femministe di tutti i Paesi dell’Unione Europea, compresa l’Italia.

La questione infatti non è solo nazionale: il 10 dicembre scorso il Parlamento europeo ha bocciato la Risoluzione Estrela che chiedeva aborto legale e sicuro per le donne in tutti i paesi dell’Unione. Segno che i colpi di coda della cultura patriarcale assumono le vesti di un’Europa che vuole continuare a esercitare il proprio controllo sui corpi delle donne.

In Italia gli attacchi alla 194 sono all’ordine del giorno: dalle crociate antiabortiste di Giuliano Ferrara, alle proposte di legge regionale che mettono al centro della tutela il feto (legge Tarzia nel Lazio), fino ai presidi settimanali dei no-choice davanti agli ospedali. Eppure ciò che mette seriamente a rischio la legge avviene nel quotidiano, negli ospedali e nei consultori dove negli ultimi 20 anni è cresciuto in maniera esponenziale il numero degli obiettori di coscienza nel servizio sanitario nazionale: secondo il Ministero della Salute 7 ginecologi su 10 obiettano, e a questi vanno aggiunti anestesisti, ostetrici, infermieri, medici di base, farmacisti.

Ciò significa che in Italia è una manciata di medici a garantire l’applicazione della 194, i non obiettori sono così pochi che spesso non fanno altro che praticare aborti. Cosa succederà tra 10 anni, quando questa classe medica sarà in pensione? Il rischio vero è che la 194, una legge dello Stato voluta dai cittadini, diventi completamente inapplicabile.

Nella relazione annuale sull’attuazione della 194 trasmessa al Parlamento dall’appena riconfermata Ministra Lorenzin si legge che

[do action=”citazione”]“il Ministero delle Salute ha avviato un monitoraggio a livello di singole strutture ospedaliere e consultori per verificare meglio le criticità e vigilare, attraverso le Regioni, affinché vi sia una piena applicazione della Legge su tutto il territorio nazionale”.[/do]

Ed è proprio al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che è rivolto il primo appello della campagna #maipiùclandestine: firmato da più di mille persone in pochi giorni, al Presidente della Regione Lazio si chiede che

[do action=”citazione”]“tutti i presidi ospedalieri pubblici e convenzionati garantiscano l’accesso all’Ivg e dispongano di un numero adeguato di ginecologi, anestesisti e personale non medico non obiettori”[/do]

La legge 194 affida infatti alle Regioni la responsabilità della sua piena applicazione anche attraverso la mobilità del personale,impostazione ribadita nel luglio 2012 anche dal Comitato nazionale per la bioetica. Zingaretti, che in campagna elettorale aveva detto alle donne: “La 194 non si tocca. I consultori li apriremo e non permetteremo più che si giochi con i vostri diritti”, deve rispondere di una situazione che, se possibile, è ancora più critica di quella nazionale.

Nel Lazio – dati Laziosanità – obietta l’80% dei medici, le strutture che effettuano aborto sono passate da 53 nel 1987 a 25 oggi; crescono gli aborti tardivi, passati dall’1,6% nel 2000 al 3,3% nel 2012.

“Oggi – dice Angela Lamboglia, una delle promotrici della campagna – le donne che decidono di abortire devono affrontare una via crucis che va dalla ricerca di una struttura che pratica l’Ivg, ancora più ardua per l’aborto farmacologico, a lunghe liste di attesa che spesso portano le gravidanze al limite dei 90 giorni. Tutto questo non può più passare sotto silenzio: non vogliamo tornare ai tempi degli aborti clandestini”.

Appunto, #maipiùclandestine.