Giornata meno fausta per provare a riaprire il dialogo con l’opposizione Giuseppe Conte non poteva sceglierla. Mentre sul «Foglio» campeggia l’intervista nella quale il premier indica tre grandi riforme sulle quali si potrebbe appunto dialogare (sburocratizzazione, investimenti e giustizia), «La Verità» pubblica una chat dell’agosto 2018 tra magistrati che rivela sentimenti a dir poco colmi di pregiudizio da parte dell’ex presidente dell’Anm ed ex consigliere del Csm Luca Palamara nei confronti di Matteo Salvini all’epoca in cui quest’ultimo era ministro dell’Interno. Nel dialogo il capo della procura di Viterbo, Paolo Auriemma, si dice convinto che sia stato un errore indagare Salvini per la decisione di chiudere i porti alle navi con i migranti. «Hai ragione, ma ora bisogna attaccarlo» risponde Palamara. Apriti cielo. Persino Nicola Morra, presidente 5S dell’Antimafia, dà ragione all’ex alleato leghista che coglie l’occasione al volo: «Come aspettarsi serenità di giudizio?».

Nel pomeriggio il leghista ne parla direttamente con il capo dello Stato in una telefonata che viene definita «cordiale» e preannuncia l’invio di una lettera fiammeggiante, già vergata, nella quale denuncia lo «scenario gravissimo», la prova provata di «un astio nei miei riguardi». «Per Palamara e altri io ero l’obiettivo da attaccare. Chiedo un processo giusto». Il premier, che era premier anche all’epoca del fattaccio, non è direttamente coinvolto ma la tensione con la maggioranza inevitabilmente monta, anche perché lunedì nella giunta per le autorizzazioni del Senato riprenderà la discussione sull’autorizzazione a procedere per il caso della Open Arms e il voto è già stato fissato per il giorno seguente.