C’è chi chiede che almeno uno dei genitori sia residente come minimo da un anno in Italia e chi, invece, preferirebbe un periodo più lungo, di tre o anche cinque anni. Ma su un punto sono tutti d’accordo: la necessità di dare una risposta adeguata alla richiesta di cittadinanza che arriva dai figli nati nel nostro Paese da coppie di immigrati, superando una volta per tutte l’ostacolo dello ius sanguinis (sei italiano solo se nasci da genitori italiani) e aprendo a nuove soluzioni legislative.

Per ora è solo un primo passo, ma estremamente importante visto che per la prima volta si è creata una maggioranza parlamentare bipartisan favorevole a uno «ius soli temperato», che riconosca il diritto di cittadinanza a chi ha un forte legame con l’Italia, dovuto alla residenza dei genitori o alla frequentazione della scuola dell’obbligo. Una novità politica emersa ieri durante la riunione dell’intergruppo sull’Immigrazione alla quale hanno partecipato una sessantina tra senatori e deputati di tutti i partiti, Lega esclusa. Presente anche il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge. Obiettivo: avviare una discussione che possa portare in tempi brevi a un disegno di legge sulla cittadinanza da presentare in commissione Affari costituzionali, con la speranza (e la promessa da parte della presidente della Camera Laura Boldrini, particolarmente attenta al problema), in modo da arrivare a una rapida approvazione. «Ci siamo presi ancora qualche giorno per mettere a punto il testo – ha spiegato il deputato del Pd Khalid Chaouki – ma contiamo di accelerare i tempi al massimo».

Le premesse perché la legge vada in porto ci sono tutte. Nella riunione si sono esaminate le principali proposte di legge sullo ius soli, verificando che le distanze tra i vari partiti sono tutt’altro che incolmabili. In particolare il Pd propone che un bambino nato nel nostro paese possa diventare subito cittadino italiano a patto che un genitore sia residente da almeno 5 anni. Periodo che scende a uno nella proposta di legge popolare presentata dal comitato «L’italia sono anch’io» e condivisa anche da Sel, mentre il Pdl è diviso tra la proposta avanzata da Carlo Giovanardi, che riconosce la cittadinanza al momento dell’iscrizione al primo anno di scuola dell’obbligo, e quella presentata da Renata Polverini che la concede al termine della scuola dell’obbligo. Da parte dell’ex governatrice del Lazio non ci sarebbero però problemi ad adeguarsi alla proposta Giovanardi.

Ha scelto di andare da solo, invece, il M5S che ha presentato un suo disegno di legge che prevede il riconoscimento della cittadinanza al bambino nato in Italia con un genitore residente dal almeno 3 anni. Proposta che potrebbe rappresentare un ragionevole punto di mediazione per tutti. Poche o nessuna le differenze invece per quanto riguarda i bambini che arrivano nel nostro Paese. Tutti i partiti sono concordi nel riconoscere loro la cittadinanza al termine del primo ciclo scolastico.

E le pesanti obiezioni mosse da Grillo allo ius soli dopo che il ministro Kyenge aveva chiesto una riforma della cittadinanza? «Quelle riguardavano la possibilità di uno ius soli secco, che nessuno ha però proposto», risponde il deputato pentastellato Giorgio Sorial, per il quale sono da escludere in futuro obiezioni da parte del M5s («il ddl è presentato a nome di tutto il gruppo»). «Una buona legge però non basta», prosegue Sorial. «Occorre anche un’importante azione culturale per fare capire che stiamo parlando di bambini che sono italiani al 200%, che parlano italiano e che si sentono rappresentati in Italia. Altrimenti continueremo ad avere gente che insulta un calciatore o un ministro solo perché sono neri».