Le categorie della «orizzontalità» e della «verticalità» utilizzate da Baudrillard riferendole rispettivamente a Los Angeles e New York, possono essere tranquillamente applicate per la loro valenza urbanistico-concettuale ad altre realtà e contesti. Napoli, ad esempio, è una città sostanzialmente «orizzontale» nell’accezione positiva di un’espansione culturale magmatica ma anche in quella negativa della mancanza di un centro verticale. Ci riferiamo soprattutto alla programmazione artistica e culturale e alla proliferazione di una miriade di iniziative ed eventi che però non riescono a diventare «sistema», a confluire in strutture e contenitore stabili e istituzionali, quelle «verticali» appunto. Questa suggestione è innescata dalla scoperta di una recente struttura dedicata alla fotografia, settore nel quale il capoluogo partenopeo vanta una storia e una tradizione importanti che come altre discipline artistiche non è stato adeguatamente valorizzato con le necessarie strutture museali.
Ogni tanto qualcuno blatera di «Casa della Fotografia«, «Museo della Fotografia» che non si è mai fatto e forse non si farà mai come è già accaduto per il cinema, il teatro e altro perché forse non c’è nel Dna napoletano il concetto della conservazione, della raccolta permanente, dell’istituzionalizzazione della storia). È chiaro che in campo fotografico non mancano mostre dedicate periodicamente a grandi e medi fotografi non solo italiani nei vari Madre, Pan ecc., come non ci si dimentica del ruolo e della funzione che hanno avuto archivi storici come Troncone, Parisio, Carbone, ma manca il collante. E i «Magazzini Fotografici» attivi da qualche anno nella zona di Anticaglie nel centro storico tra Via Duomo e Via Foria (Via S. Giovanni in Porta, 32) si stanno ritagliando in qualche modo uno spazio interessante e stimolante, una via di mezzo tra il passato e il presente, tra la storia e l’attualità, tra l’archiviazione e la propulsione di eventi attenti al contemporaneo.
È un’Associazione di Promozione Sociale che nasce da un’idea della fotografa Yvonne De Rosa e ha come elemento fondamentale l’obiettivo della divulgazione dell’arte della fotografia finalizzata alla creazione di un dialogo che sia occasione di scambio e di arricchimento culturale.
GLI AMBIENTI
Lo spazio si compone di tre ambienti comunicanti che ospitano mostre, eventi, uno spazio «FOTOcopia» rivolto a fotografi affermati e giovani talenti della fotografia, workshop, gallery, cinemagazzini (una sezione dedicata alla cine-fotografia e ora è in corso una rassegna organizzata in collaborazione con la filmOff di Antonio Andretta su Raoul Coutard, il fotografo-simbolo della Nouvelle Vague con una decina di titoli di Godard e Truffaut) , le domeniche d’autore e dulcis in fundo l’Archivio.
L’intraprendente e determinata De Rosa, poco più che quarantenne, ha fatto un percorso che l’ha portata naturalmente verso questa esperienza: «Dopo una laurea in Scienze Politiche ho sentito il bisogno di assecondare la passione per la fotografia che ho avuto fin da piccola. Ho fatto un master in fotografia a Londra dove ci sono rimasta 15 anni ma spostandomi spesso per fotografare in giro per il mondo. Tre anni fa ho sentito l’esigenza di tornare nella mia città e mettere a frutto l’esperienza creativa ma anche organizzativa in campo fotografico e ho aperto questo spazio autogestito.
CUBA
Ma quello che più mi intriga è il recupero e il riutilizzo di materiale fotografico, ho sempre avuto il pallino di girare per i mercatini dell’usato, delle anticaglie e proprio lo scorso anno sono stata in Albania dove ho recuperato materiali degli anni ’70 e a Cuba dove ho trovato foto straordinarie che però mi sono state sequestrate quando stavo tornando perché si trattava di «patrimonio nazionale». E il vero piatto forte dei Magazzini sono proprio i circa 10 mila negativi trovati in un mercatino domenicale di Agnano. La storia sembra una via di mezzo tra Dickens, il nostro neorealismo e un fantasy americano. «In un angolo nascosto del mercatino – dice la fotografa – ho raccolto una scatola polverosa con su scritto «materiale elettrico» contenente oltre 5000 negativi organizzati in pacchettini. Sono riuscita a sapere dal venditore chi fosse il proprietario che aveva una seconda scatola con altri materiali fotogiornalistici. E dopo qualche anno di ulteriori ricerche sono riuscita ad averli e ora posso contare su circa 10 mila fotogrammi. L’obiettivo del progetto ArchivioMagazzini è di riportare alla luce uno straordinario patrimonio culturale attraverso un lungo e costoso lavoro di restauro e digitalizzazione. Ho cominciato a digitalizzare circa 200 foto che sono state esposte nel nostro spazio e costituiscono un parziale ma significativo campione di tutto il materiale. Si vedono Eduardo De Filippo e Nino Taranto fino ai Kennedy quando sbarcano a Napoli e veri e propri spaccati di vita del nostro territorio con ritratti in bianco e nero che hanno il fascino dell’epoca. Ho dedotto che si tratta di foto rimaste inedite per 60 anni relative al ventennio fine anni ’40 fine anni ’60 e che per la maggior parte si tratta non di foto d’autore ma di agenzie di stampa, di fotogiornalisti di mestiere che rendono ancora più realistiche le immagini. Si tratta di un importante lavoro di riscoperta della nostra memoria storica e la digitalizzazione dell’archivio ha anche un valore culturale e sociale, può essere un potente strumento di conoscenza per studiosi, appassionati, studenti, artisti, ricercatori e per tutta la comunità».
Insomma mentre «una selfiemania si aggira per il mondo» minacciando l’incolumità della fotografia tradizionale analogica o digitale, ci sono delle sacche di resistenza come questa e i Magazzini hanno tutte le carte in regola e le giuste potenzialità per diventare quel famoso centro «verticale» della fotografia a Napoli in modo che le alte riflessioni teorico-filosofiche sul mezzo di Susan Sontag, Roland Barthes, John Berger, Dorothea Lange risuonino meno stridenti con una piatta «orizzontalità».