Sarebbe facile – e pure un po’  meccanico – andare a cercare le corrispondenze «vere» tra la vita di Ginevra Elkann e l’autobiografia infantile del suo Magari, coi tre fratelli protagonisti che rimandano a lei stessa, la più piccola, a Lapo e John Elkann – il nome nell’attualità di questi giorni per il prestito di oltre sei miliardi che il governo elargirà a Fca Italy, e gli acquisti di «Repubblica», «Stampa», «Huffington Post»; la famiglia Agnelli, insomma, con la madre, Margherita, figlia di Gianni, e il padre Alain Elkann. Poco importa però perché tutto questo non c’è, ne rimangono forse dettagli in filigrana rivisitati nella visione della memoria adulta, come è del resto inevitabile, trattandosi appunto di una cronaca personale. Ginevra Elkann per il suo film d’esordio non cerca la «saga» familiare, si concentra sul momento di un’infanzia, quando la protagonista bambina, che è l’io-narrante (e anche il suo doppio), la piccola Alma, per una vacanza di Natale insieme ai fratelli, Jean e Seb, viene mandata da Parigi, dove vivono con la madre e il suo nuovo compagno, religiosissimo russo ortodosso alla cui chiesa sono tutti convertiti, dal padre in Italia.

È UN CASO e un imprevisto, la mamma ha appena scoperto di essere nuovamente incinta e ha bisogno di riposo, per questo accetta persino che vedano l’ex-marito che detesta – sentimento reciproco – a cui nasconde tutto, compreso il piano di trasferirsi in Canada coi figli. A loro e a lui ripete come un mantra che è un irresponsabile, che l’ha tradita mentre stavano insieme e loro erano piccolissimi. Cosa che seppure la voce è quella della bimba, un po’ innamorata di quel padre (Riccardo Scamarcio) inafferabile non sembra difficile da credere osservandolo. Sceneggiatore con un film in sospeso da anni, Carlo, così si chiama, si barcamena tra l’elegante villa dei genitori a cui cerca di scaricare i ragazzini perché la produzione gli ha bocciato ancora lo script e deve rifarla, e la fidanzata, Benedetta, evidentemente non preparata a passare le vacanze insieme alla di lui prole. Richiamato duramente alla «realtà» torna a riprenderseli con lei che presenta come la sua co-sceneggiatrice, bella, piena di ironia, senza autocensure (Alba Rohrwacher). Destinazione Sabaudia, tutti assieme compreso il meraviglioso cagnolino Tenco che Carlo adora.

Quello che accade poi è quanto potrebbe accadere con opportune variazioni in ogni interno di famiglia – qui molto borghese: una specie di gioco al massacro mascherato in istanti di piacevolezza, dal tepore dei ricordi, dalle lacrime delle rivelazioni in cui i ragazzini si prendono uno spazio o almeno ci provano di fronte agli egotismi degli adulti, ai loro bisogni, alle eccessive pretese, alle disattenzioni. È dunque un romanzo di formazione, Magari – da oggi su RaiPlay per #ilCinemaNonSiFerma, l’iniziativa con cui Rai Cinema propone otto titoli italiani inediti in streaming – coi suoi motivi classici, il primo innamoramento per il ragazzo più grande, la scoperta del rossetto, le gelosie, che si mescolano a una dimensione più intima, più privata – la sceneggiatura è di Elkann insieme a Chiara Barzini. Qualcosa però nel difficile equilibrio non funziona, a cominciare proprio dalla distanza narrativa indispensabile per parlare di sé, e la regista sembra rimanere intrappolata nelle sue storie. Non è questione di «veridicità» ma di emozioni e sopratutto di punto di vista: dove vuole mettersi Ginevra Elkann? Questa confusione crea un freno, qualcosa che stona, che stride, che è anche doloroso ma non sa trovare una sua forma. La compagna del padre infantile o l’uomo che tiene più al cane di loro: piccole rivincite da ragazzina o passaggi obbligati dalla sceneggiatura – e non era questo che rimproverava Benedetta a Carlo nel suo lavoro?

L’OSTINAZIONE di Alma di immaginare finalmente una famiglia unita – comune peraltro a quasi tutti i bambini – si riverbera sulla messinscena chiudendola tra le stanze di quei ricordi. Cosa è che manca, dunque? Un po’ di leggerezza, un po’ di ironia, un tocco di romanzesco in mezzo ai fantasmi che fanno male, un po’ più di cinema? Gli eventi si incastonano seguendo la necessità della scrittura e quello che potrebbe essere un segno sghembo, una sorpresa, l’epifania di un istante inatteso non arriva mai. Peccato.