La Francia riapre l’11 maggio. Nidi, elementari, licei riprendono. Progressivamente, riparte l’attività. Ma non spettacoli e bar-ristoranti, che resteranno chiusi. Per i Festival non se parla prima di metà luglio. Le regole restano adattabili, secondo i risultati.

Dall’11 maggio, le mascherine dovrebbero diventare obbligatorie (e essere disponibili). Ci saranno più test. Le frontiere europee esterne restano chiuse, mentre una decisione a livello Ue sarà presa al prossimo Consiglio il 23 aprile.

Il presidente Emmanuel Macron è intervenuto per la quarta volta in tv, ieri sera, alle 20,02 (per lasciare il tempo agli applausi al personale sanitari). «Umiltà» ha detto, «non abbiamo risposte definitive». La ricerca è lanciata, «nessuna pista sarà trascurata», ma il tempo sarà lungo, come si vede in Asia.

MA LA FRANCIA «resta in piedi, solidale». Ci sono programmi per i lavoratori, per le imprese, ci sarà un piano per salvare la cultura, il governo preciserà aiuti per i precari, gli studenti, la solitudine degli anziani, che dovranno però aspettare più a lungo la fine dell’ibernazione. In Europa, ci vogliono «nuove solidarietà» ha detto Macron, «più ambizione, più audacia».

Più «autonomia strategica» in Europa e autonomia «agricola», di produzione per la Francia e l’Europa. Le distinzioni sociali non possono essere basate che sull’utilità comune, ha ricordato riferendosi alla Rivoluzione del 1789. «Siamo vulnerabili», ha invitato a uscire dalle ideologie, «io per primo».

QUESTA CRISI, ha detto, «ha rivelato faglie, debolezze». Ha auspicato un «progetto nella concordia», una resilienza del paese. La speranza riprende, l’orizzonte si schiarisce, ma la strada sarà lunga. Le regole del confinamento restano le stesse fino all’11 maggio, ma senza accanimento, ha precisato.

L’opposizione ha fatto delle proposte prima che Macron parlasse. Olivier Faure, segretario del Ps, ha chiesto aiuti economici per i più poveri che prendono i «minimi sociali», 300 euro per famiglia più 100 euro per ogni figlio. Il Sécours catholique ieri ha lanciato l’allarme sulla «grande precarietà» che sta colpendo una parte importante della popolazione. Adrien Quatennens, deputato della France Insoumise, ha chiesto «prospettive di lungo periodo»: «non combattiamo solo un virus ma gli effetti del virus sul modello economico, politico che ha reso tutto più fragile e ci ha posti in una situazione di grande vulnerabilità. Non rilanciare la macchina, ma approfittare in un certo modo, anche se è tragico, di questa occasione di blocco di interi settori dell’economia per pensare un altro modello. Questa crisi è il fallimento di coloro che hanno preferito il libero mercato allo stato, la libera concorrenza alla collaborazione e alla cooperazione».

PER QUATENNENS, «non sono i lavoratori che devono pagare la crisi». È la risposta alla presa di posizione del Medef, la Confindustria francese, che in mattinata ha insistito sulla necessità di «lavorare di più»: per il presidente Geoffrey Roux de Bézieux, «bisognerà prima o poi porsi la domanda sul tempo di lavoro, sui giorni festivi e le ferie, per accompagnare la ripresa lavorando un po’ di più e facilitare la creazione di crescita supplementare».

UNA PROPOSTA «INDECENTE, indegna» per Laurent Berger, segretario della Cfdt. Per l’ex ministra della Giustizia, Christiane Taubira, che è rimasta un punto di riferimento della sinistra, è un «vecchio riflesso» decidere sulla vita degli altri. Taubira fa un elogio delle donne, in prima linea (infermiere, cassiere). Le previsioni sul lavoro sono drammatiche: oggi, 8 milioni di salariati sono in cassa integrazione, ogni giorno di confinamento brucia 1 miliardo di soldi pubblici.

«Un crollo del 6% del pil nel primo trimestre – secondo Eric Heyer dell’Ofce, un centro studi keynesiano – sono potenzialmente altrettanti posti di lavoro in meno», cioè 1,5 milioni (su 25 milioni). I più colpiti saranno i precari, gli indipendenti, i free-lance, chi vive con i minimi sociali (con la crisi del 2008-9 e un calo del pil del 2,2%, in Francia 63mila imprese erano fallite e erano stati persi 321.500 posti di lavoro). Per il momento, il governo ha raddoppiato gli interventi a favore delle imprese, da 45 a 100 miliardi.