Macgregor (Pentagono) accusa Pompeo: «è pagato dalla lobby pro-Israele»
Usa/Israele Sul consigliere del neo segretario alla difesa Miller sono piovute accuse di antisemitismo per due interviste concesse nel 2012 e nel 2019. Intanto Mike Pompeo si prepara a una missione in Medio che, si teme, potrebbe portare a un attacco all'Iran
Usa/Israele Sul consigliere del neo segretario alla difesa Miller sono piovute accuse di antisemitismo per due interviste concesse nel 2012 e nel 2019. Intanto Mike Pompeo si prepara a una missione in Medio che, si teme, potrebbe portare a un attacco all'Iran
Il colonnello a riposo Douglas Macgregor, fresco di nomina a consigliere del segretario alla difesa ad interim Christopher Miller, ieri è stato accusato di «antisemitismo» da più parti dopo la rivelazione fatta dalla Cnn dei contenuti di due interviste concesse lo scorso anno e nel 2012. Interviste in cui Macgregor descriveva il sostegno degli Stati uniti a Israele come il risultato del «denaro della lobby israeliana» e accusa personaggi di spicco, tra cui il segretario di Stato Mike Pompeo, braccio esecutivo di Trump in politica estera, e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton di essere diventati «molto molto ricchi» grazie ad esso. La rivelazione del network televisivo è subito rimbalzata in Israele trovando ampio spazio nei media locali.
«Il signor Bolton è diventato molto, molto ricco ed è nella posizione in cui si trova a causa del suo sostegno incondizionato alla lobby israeliana. È il loro uomo sul campo, alla Casa Bianca», ha risposto Macgregor quando nel 2019 gli è stato chiesto se Bolton e il senatore repubblicano Lindsey Graham volessero la guerra con l’Iran. «La stessa cosa vale – ha aggiunto – anche per il signor Pompeo, che aspira a diventare presidente…(grazie) i soldi della lobby israeliana, dei sauditi e di altri». Nel 2012, intervistato dalla tv russa RT, Macgregor aveva attaccato l’Aipac, l’American Israeli Public Affairs Committee, la più importante lobby politica pro-Israele negli Usa, che a suo dire istigherebbe le Amministrazioni americane a impegnarsi in conflitti armati con organizzazioni e paesi nemici dello Stato ebraico. Macgregor non ha commentato la notizia. Bolton, tramite un portavoce, ha detto soltanto «Non rispondo agli antisemiti» e il Dipartimento di Stato ha rifiutato di replicare a nome di Mike Pompeo. In silenzio, almeno fino a ieri sera, sono rimasti alcuni commentatori israeliani di destra, come l’influente Caroline Glick, che dopo la sconfitta di Trump hanno dato sostegno alla denuncia del presidente di irregolarità e frodi durante le votazioni che pure non trovano alcun fondamento.
Le frasi di Macgregor contro Pompeo riecheggiano mentre il segretario di Stato si prepara a una missione in Medio oriente – a partire dal 18 novembre – che suscita interrogativi e inquietudine. Nei giorni scorsi era trapelato che obiettivo delle tappe di Pompeo in Israele, Arabia saudita ed Emirati sarebbe quello di concordare una valanga di sanzioni contro l’Iran in modo da non permettere alla futura Amministrazione Biden di riallacciare il dialogo con Tehran e di far rientrare gli Usa nell’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 anche dall’ex presidente Barack Obama. Ora però si evoca un possibile attacco militare all’Iran e al movimento sciita libanese Hezbollah, prima che il presidente Trump lasci la Casa Bianca a gennaio. Washington per i suoi piani si farebbe forte della normalizzazione dei rapporti tra Israele e tre paesi arabi (Accordo di Abramo, con Emirati, Bahrain e Sudan) che sta ridisegnando il sistema di alleanze nella regione.
Nei giorni scorsi Elliott Abrams, inviato speciale di Trump per l’Iran e il Venezuela, ha incontrato in Israele il premier Netanyanu e il capo di stato maggiore Aviv Kochavi per preparare con cura i temi sull’agenda della missione di Pompeo. E suscitano preoccupazioni le dichiarazioni dell’ex consigliere della sicurezza nazionale del presidente Usa, Herbert Raymond McMaster, che ha ipotizzato un attacco dello Stato ebraico all’Iran prima che ci sia il cambio alla Casa Bianca. L’analista di Haaretz Amos Harel esclude «una mossa unilaterale israeliana in Iran» ma, aggiunge, «è difficile escludere completamente un’operazione americana». L’ipotesi di un attacco militare è considerata concreta dalla stampa araba. L’editorialista di Raia Al Youm, Abdelbari Atwan, spiega che le esitazioni di Mosca e Pechino nel congratularsi subito con Joe Biden scaturirebbero da informazioni che vedono Trump in grado di impedire il passaggio di consegne proprio scatenando una guerra contro l’Iran e i suoi alleati. «Trump potrebbe comportarsi come Nerone che ha bruciato Roma» conclude Abdelbari Atwan «le restanti sei settimane potrebbero essere le più pericolose per gli Stati Uniti e il mondo».
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