Il caso Weinstein chiama in causa un mondo frequentato da liberal e progressisti da sempre ostile ai conservatori, seppure con numerose e rilevanti eccezioni al suo interno. L’equazione Hollywood-democrats è fondata ed è per questo che l’universo trumpista gongola con crescente godimento di fronte alle puntate quotidiane del serial mediatico che vede protagonista il produttore-molestatore ormai condannato a finire nella spazzatura della Storia, Harvey Weinstein. Ovvio che la ragione principale dell’eccitazione di Donald & co è in un evidente contrappasso. L’ambiente che vanta una superiorità etica nei suoi confronti e che sulle sue vicende di misoginia e di molestie ha costruito una buona parte della narrativa negativa per farlo fuori nella sfida presidenziale rivela ora tutta la sua ipocrisia e doppia morale. Tutte e tutti sapevano di Harvey ma nessuno ha mai mosso un dito né ha aperto bocca. Riservando nel frattempo tutta l’indignazione contro il womanizer sfidante di Hillary.

Già, ma la storia non finisce qui. In America non vige il tutti peccatori nessun peccatore che assolve tutti. Adesso è il momento della riflessione collettiva e del lavacro. Del mai più. Ad aprire il sexgate hollywoodiano sono stati due giornali liberal. Il New York Times e il New Yorker. Possibile che abbiano fatto un favore alla destra? A Trump? Hanno messo alla gogna «uno di loro». Perché? Certo i tempi sono maturi per aprire il discorso pubblico al grande tema dell’abuso sessuale di potere da parte del maschio potente.

E Weinstein, molto più delle star di Fox News accusate prima di lui di molestie sessuali continuate, incarna il personaggio perfetto per diventare emblematico. Cosa c’è di più rivoltante di un progressista in un posto di potere che si comporta da porco orco maschilista? Ma aprendo questa conversation, questo dibattito, chi sarebbe il primo a essere messo sotto i riflettori se non il presidente? Come si può accettare che al posto massimo di comando ci sia un Weinstein? «Dopo tutto – ricorda Hillary Clinton – abbiamo nello studio ovale qualcuno che ha ammesso di essere un aggressore sessuale».

Trump e il suo clan hanno dunque poco da festeggiare per la vicenda Weinstein. L’obiettivo vero della campagna mediatica è la Casa bianca, non Hollywood. E se le rivelazioni che lo misero quasi fuori gioco quando era in corsa per la presidenza tornassero a galla ora che è presidente sarebbe tutt’altro scenario.
Dopo Harvey non può che esserci Donald.