Paolo Franchi: «Sai bene quanto vorrei, Sarantis, che avesse ragione Annie Ernaux, quando sostiene, nel suo emozionante j’accuse a Macron, che questo sia “un tempo propizio” per “desiderare un nuovo mondo”, nel quale “i bisogni essenziali siano garantiti a tutti”: un mondo “del quale le solidarietà attuali mostrano giustamente la possibilità”. Ma senza politica democratica i desideri fanno presto a degradare in rabbia e rancore sociale. E quando vengono coltivati in semi cattività, come nel nostro inedito caso, in una domanda securitaria di massa, destinata (temo) a durare ben oltre la fine del contagio. C’è stato un tempo in cui il potere faceva paura. Oggi non è più così, fa paura il fatto che il potere sia debole, proceda a spanne e a tentoni, e se ne invoca uno forte. La salute prima di tutto è un sacrosanto principio in nome del quale si può e si deve rinunciare, finché dura l’emergenza, anche a libertà fondamentali. Ma chi stabilisce quanto dura l’emergenza?»

Sarantis Thanopulos: «Caro Paolo, per l’emergenza sono stati invocati motivi etici. Non possiamo perdere i nostri anziani ha detto, giustamente, il presidente della Repubblica. Sennonché milioni di persone muoiono ogni anno di stenti e malattie in tutto il mondo e i valori etici dovrebbero essere universali. L’emergenza non l’hanno decisa gli “scienziati”: essi sono privi di una visione globale. È stata, di fatto, decisa dal governo perché un alto numero di morti sarebbe stato insopportabile per il paese. Ma anche dall’intera classe politica per motivi di consenso elettorale (siamo schiavi della democrazia umorale). Decisa l’emergenza sono diventati evidenti il suo orizzonte mondiale e la difficoltà di governarla, anche per le sue devastanti conseguenze sociali e psicologiche. Il rischio reale è che la durata dell’emergenza la decida l’emergenza stessa, diventando stato d’eccezione permanente. Uno stato di vigilanza a sé stante fondato sul bisogno di sicurezza psichica e avente come suo complemento un pericolo: qualsiasi cosa metta questo bisogno in discussione».

Paolo Franchi: «Per inciso. Non penso, caro Sarantis, che un valore etico come la salvaguardia degli anziani possa essere disatteso in Italia perché nel nostro mondo ogni anno milioni di persone, non solo anziani, muoiono di stenti in barba ad ogni etica. Quel che temo non è la logica dell’emergenza in sé, perché di fronte a situazioni eccezionali, anche il più democratico dei governi è tenuto a reagire con misure eccezionali, che in un contesto “normale” ci farebbero parlare di colpo di Stato, o peggio. Mi preoccupano invece l’assuefazione all’emergenza, il diffondersi a macchia d’olio, e senza che nessuno seriamente la contrasti, dell’idea che le democrazie liberali, già in vistosa crisi, per loro natura possano far fronte tutt’al più a situazioni “normali”. Il che è grave dappertutto, ma in particolare da noi, dove le parole “emergenza” e “stato di eccezione” non hanno alcun rilievo costituzionale, e da quasi dieci anni non c’è un governo fondato sul voto degli elettori».

Sarantis Thanopulos: «È giusto salvare gli anziani, ma se questo principio vale solo per una piccola parte del pianeta, ha un valore affettivo, non etico. Abbiamo lo sguardo corto. Quando la paura rivolta a un pericolo reale non può prenderne le misure, sconfina oltre la sua funzione prudenziale, che la circoscrive, e si diffonde dentro di noi minacciando la nostra coesione psichica. Reagiamo restringendo il nostro campo ottico, governanti e cittadini. Siamo del resto una civiltà emotivamente fragile che è rimasta intrappolata nella crisi sociale e etica del 2008, diventando fortemente più egoista e iniqua. Priva di organizzazione sanitaria adeguata e con ulteriore distruzione del welfare. Da questa situazione non usciamo senza un “nuovo mondo” più giusto e sano, altrimenti l’emergenza diventerà regime».