Sarà un caso, ma uno dei primi effeti della sentenza che assolve Silvio Berlusconi nel processo Ruby è quello di mettere fine al dialogo avviato da Pd e M5S sulla legge elettorale. Lo stop, tanto brusco quanto inaspettato, appare nel primo pomeriggio sul blog di Beppe Grillo ed è firmato da Luigi Di Maio, Danilo Toninelli, Paola Carinelli e Vito Petrocelli. I quattro grillini protagonisti dell’incontro di giovedì alla Camera con Renzi. «Ci dispiace per il Pd ma il tempo è scaduto» scrivono i quattro, che spiegano anche come, piuttosto che incontrasi di nuovo con i democratici, preferiscano fermarsi a quanto già stabilito dalla rete. «Saremo pronti a votare la legge elettorale, inclusiva delle preferenze, direttamnte in aula», conclude la delegazione pentastelalta. Un’inversione totale di marcia rispetto a sole 24 ore prima, che permette però al Pd di accusare il M5S di aver fatto solo finta di voler discutere di legge elettorale. «Non hanno fatto a tempo a sedersi al tavolo che subito è arrivata la sconfessione a mezzo blog», ironizza Matteo Renzi. «Sono loro che ci hanno fatto perdere tempo, perché non si chiude così ogni possibilità di dialogo», attacca invece l’eurodeputata Alessandra Moretti, una delle componenti della delegazione pd. E Debora Serracchiani rincara la dose: «Ma era un tavolo per le riforme o una festa come quella di Nanni Moretti: mi si nota di più se vengo o se non vengo?», chide provocatoriamente la vicesegretaria del Pd.
Eppure, fino a quando i giudici di Milano non sono usciti dalla Camera di consiglio, nel cielo grillino nulla faceva pensare all’imminente tempesta in arrivo. Chi ha avuto modo di parlare giovedì sera con Toninelli, artefice con Di Maio della linea del dialogo nonché massimo esperto di legge elettorale tra i grillini, assicura che il deputato non dava alcun segno di insofferenza per esito dell’incontro con Renzi. E in mattinata lo stesso Di Maio sottolineava su Facebook come il Pd dovesse contattarli «per l’ultimo appuntamento». «Verranno al tavolo e dovranno dirci se inseriranno le preferenze nella legge elettorale oppure no».
Poi, il rapido capovolgimento dopo le notizie in arrivo da Milano, che inevitabilmente restituiscono forza a Silvio Berlusconi e, di conseguenza, rendono il patto del Nazareno ancora più solido. Troppo per i falchi del movimento, da sempre indigesti alla nuova linea del dialogo che perdipiù ha visto crescere pericolosamente il ruolo di Di Maio all’interno del M5S. Ma troppo anche e soprattutto per Beppe Grillo, che non ha mai fatto mistero di non gradire la svolta dialogante voluta principalmente dal cofondatore Gianroberto Casaleggio. Che questa volta ha dovuto cedere di fronte all’ex comico.
E non è un caso se nel comunicato che appare sul blog, accanto ai ringraziamenti a Renzi per l’interese comunque dimostrato verso le preferenze, non mancano toni e parole tipiche di Grillo: «Malgrado i proclami di rapidità, il succo è che su quasi tutto si è preso bradipescamente altro tempo», è scritto nel comunicato. «Il M5S non se la sente di prendere per il culo i cittadini italiani per un’intera estate».
Per quanto neghi, è chiaro che l’improvviso cambio di rotta imbarazza il vicepresidente della Camera, che nega l’esistenza di scontri con Grillo: «Non esiste alcun scontro con Milano e Genova», dice Di maio. Il post l’ho scritto e firmato anche io.Per metterlo sul blog non ho le password perciò significa che abbiamo condiviso la scelta».
Anche se vera, la spiegazione spiega poco e niente. Se non che il M5S è tornato ai bei tempi in cui le decisioni venivano prese dall’alto, ed erano sempre di rottura. Prova ne è che, alla faccia dei principi del Movimento, lo stop al dialogo non è stato deciso in assemblea ma direttamente da Grillo. E che la scelta di far firmare anche a Di Maio l’inversione di rotta potrebbe essere stata presa solo per non metterlo ulteriormente in diffcoltà. Nei prossimi giorni si vedrà se la stella del vicepresidente della Camera è ancora in salita oppure se la sua è stata solo una meteora.