Per anni il M5S si è vantato di avere un «non statuto», in sfregio ai partiti tradizionali. Ora si ritrova a barcamenarsi tra due statuti, entrambi partoriti nel 2021: il primo a febbraio, il secondo in agosto dopo una lunga gestazione ad opera di Giuseppe Conte. Statuti che prescrivono regole diverse, con il primo che è tornato in vita dopo la sentenza del tribunale di Napoli che lunedì ha congelato il secondo e, con esso, anche la leadership dell’avvocato.

Un guazzabuglio regolamentare e giudiziario che ha spinto Beppe Grillo a tornare a Roma, dove oggi incontrerà Conte, Di Maio, Virginia Raggi e altri big del M5S. «Stiamo studiando anche con i legali le varie soluzioni», ha detto ieri l’ex premier. «La vita e l’azione di una forza politica non può interrompersi ovviamente per un procedimento giudiziario cautelare e provvisorio e quindi stiamo cercando soluzioni per procedere ancora più forti».

Di fatto ora il boccino ce l’ha in mano il comico- fondatore-garante, l’unico punto fermo in un Movimento sempre più senza bussola. Oggi vedrà e ascolterà, ma tutti assicurano che l’ultima parola sarà la sua, il «padre-padrone», come Conte lo aveva definito a giugno, nel pieno dello scontro tra i due sullo statuto che è finito all’esame dei giudici di Napoli. Beppe dal canto suo aveva avvertito dei rischi di ricorsi. E ora ha buon gioco a dire: «Ve l’avevo detto, adesso si fa come dico io».

Il primo atto che grillo potrebbe fare è la ricostituzione del comitato di garanzia: quello in vigore (composto da Raggi, Fico e da Di Maio che si è dimesso il giorno prima della decisione del tribunale napoletano) è congelato, perché le regole del vecchio statuto prevedono che i componenti non possano avere cariche elettive. Dunque sulla base di 6 nomi indicati dallo stesso Grillo, gli iscritti dovrebbero votare i 3 nuovi membri del comitato di garanzia che, a quel punto, potrebbero portare al voto modifiche allo statuto o l’elezione del direttivo a 5, l’organismo di vertice previsto prima dell’ascesa di Conte alla leadership. Ma qui sorge un altro dilemma: votare dove? Sul vecchio Rousseau di Casaleggio (da cui Conte ha divorziato pochi mesi fa) o sulla nuova piattaforma SkyVote? Nebbia fitta.

Non si tratta solo di questioni burocratiche. Grillo ha certamente l’obiettivo di evitare nuovi ricorsi e di mettere la nuova governance del M5S al riparo dai tribunali. Ma dietro la decisione che prenderà ci sarà anche una valutazione politica sul futuro della sua creatura: rilegittimare Conte con un nuovo plebiscito, o tornare alla vecchia ida di una guida collegiale? O ancora: aprire a una sfida diretta per la leadership con altre figure come Raggi o Di Maio?

Come si vede, lo stop del tribunale è anche un’occasione, per Grillo, per ridisegnare un Movimento che in questi mesi non lo ha soddisfatto. E così in queste ore, nel buio delle informazioni, nella truppa parlamentare circolano timori, ansie ma anche speranze (dei non contiani) di un reset totale che porterebbe Conte in un ruolo assai meno centrale, o addirittura ai margini.

Di certo, l’avvocato del popolo non è disponibile a farsi mettere all’angolo. Chi gli ha parlato assicura che cercherà in ogni modo di rilegittimare la sua leadership, caduta per paradosso proprio su una questione di avvocati e tribunali. Ma, nel caso in cui Beppe dovesse metterlo in minoranza, le pressioni dei fedelissimi su Giuseppi per sbattere e fondarsi un suo partito sono destinate a crescere. L’opzione era già sul tavolo dopo la caduta del suo governo all’inizio del 2021, quando i suoi indici di gradimento erano alle stelle. Ma anche adesso la partita può essere giocata. Soprattutto se dovesse saldarsi un asse Grillo- Di Maio- Raggi per prendersi la guida del Movimento, con quella che viene definita una diarchia tra il ministro degli Esteri l’ex sindaca di Roma.

Durante lo scontro dell’estate scorsa Conte aveva posto condizioni molto nette: «Non sono disposto a fare il prestanome». E oggi non ha certo intenzione di fare passi indietro. Grillo lo sa, e questo complica la trattativa. La giornata di oggi sarà decisiva, ma di certo non risolutiva. In gioco, sopra ogni altra cosa, c’è il potere di fare le liste per le prossime politiche. Di scegliere i sommersi e i salvati.