Ci sono le lobby e i poteri occulti che tramano nell’ombra. C’è lo zampino di una quinta colonna, di un «uomo in nero» infiltrato per manipolare le carte e cambiare il corso della storia. C’è una linea netta di demarcazione tra l’amico e il nemico, tra chi collabora generosamente e chi boicotta per chissà quale fine recondito. C’è la conseguente richiesta di mano libera, di pulizia interna, di maggiore potere per procedere ad epurazioni e garantirsi fedeltà assoluta.

IL MODO IN CUI IL MINISTRO Luigi Di Maio ha interpretato la vicenda della relazione tecnica che ha accompagnato e al tempo stesso sabotato il «decreto dignità» contiene alcuni degli ingredienti principali che compongono ogni congettura cospirazionista.

C’è poco da ridere: le teorie del complotto, insegna il politologo statunitense Michael Barkun nel fondamentale Culture of Conspiracy sono serissimi indicatori politici. Che siano realistiche o assurde, contengono indicazioni preziose, forniscono elementi per capire il contesto nel quale si affermano e i dispositivi di governo all’opera. «Se il nostro nemico è invisibile, occulto e capace di tutto, allora io devo avere carta bianca per poterlo contrastare», ci sta dicendo tra le righe il potente di turno o il politico aspirante tale che se ne serve. Con un corollario non da poco: «Chi solleva dubbi è il primo indiziato, potrebbe essere parte della trama che vorrebbe fermare la nostra missione storica».

DATEMI UN UOMO DI POTERE e vi svelerò le sue paranoie. Il grillino Carlo Sibilia, attuale sottosegretario agli interni, nella precedente legislatura spolverò il grande classico del finto sbarco sulla luna, che di solito fa il paio con la congiura del silenzio che avvolge da decenni lo sbarco degli extraterrestri. Soltanto qualche settimana fa, durante il dibattito in senato seguito alla relazione del ministro dell’interno Salvini sulla crisi della nave Aquarius, il senatore Daniele Pesco del Movimento 5 Stelle portava in parlamento un grande classico del pensiero cospirazionista: «Siamo un paese sotto attacco – ha detto – Da parte dello spread e dei flussi migratori. Mi viene il sospetto che le persone che ci attaccano con lo spread siano le stesse che ci attaccano con i flussi migratori».

DUNQUE, LE MANOVRE OCCULTE dei poteri finanziari globali potrebbero servire a comprendere anche i movimenti migratori. Ci sarebbe addirittura una regia unica dietro ai due fenomeni. Lo stesso Salvini, in fondo, ha da tempo sdoganato la storiella complottista del Piano Kalergi, disegno volto a sostituire etnicamente i popoli occidentali con le migrazioni, che fino a qualche anno fa era esclusiva di gruppuscoli neonazisti e circuiti esoterici.

SI DIRÀ CHE IL COMPLOTTO evocato ieri da Di Maio per tirarsi d’impaccio assomiglia più a una manovra di palazzo che ad un complotto a tutto tondo. Ma una delle caratteristiche del cospirazionismo post-moderno, e dell’armamentario che in questi anni ha impiegato il M5S, è proprio la capacità di tenere insieme il grande disegno planetario e i piccoli intrighi.

ALL’INDOMANI dell’attacco alle Torri gemelle, trauma planetario di fronte al quale la gente prese a chiedere spiegazioni semplici e nemici tangibili, il neocon Daniel Pipes osservò che «l’approccio cospirazionista alla politica e alla vita» stava «di nuovo guadagnando potere» dopo anni in cui era stato confinato ai margini della vita politica. Nel giro di pochi anni sul blog di Beppe Grillo e nei siti collaterali dimostrarono di accorgersene. Fiorirono i post, ormai proverbiali, sulle scie chimiche e sul gruppo Bilderberg, Big Pharma contro il metodo Di Bella (o Stamina), i microchip sottopelle e le fanfaluche di Diego Fusaro contro il cosmopolitismo. L’ossessione del complotto nasce assieme alla corsa per il potere. Solo che fino ai secoli scorsi necessitava di ideologie forti, in qualche modo impegnative, che rimandavano a riferimenti religiosi e princìpi hard.

IL M5S È UN ESEMPIO cristallino (accostabile per certi versi al Tea Party statunitense) di cospirazionismo light: può fare a meno di chiedere l’adesione a dogmi o strutture di pensiero solide. Ciò accade perché la comunicazione in rete non richiede sintesi coerenti. Le contraddizioni vengono eluse grazie all’informazione spezzettata e on demand: ognuno si abbevera alla congettura che preferisce e che più lo rassicura. Così, in questi anni, il grillismo è riuscito a tenere insieme, a far convergere, cose che in precedenza parevano tra loro inconciliabile: la diffusione estensiva – «dall’alto» – delle storie della televisione con la capacità intensiva – «dal basso» – del folklore, che ha l’indubbio vantaggio di fare identificare gli utenti con le narrazioni. Il cospirazionismo pop riesce ad attraversare più credenze, a mettere insieme più congetture in virtù della forza della sua debolezza culturale: è leggero, agile, disimpegnato.