«Ora più che mai, è importante restare uniti», scrive il capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva nella lettera con la quale convoca l’assemblea congiunta dei deputati e dei senatori. E in nome dell’unità ieri il M5S ha riunito il suo gabinetto d’emergenza. Assieme a Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, c’era D’Uva col capogruppo al senato Stefano Patuanelli, Nicola Morra, Paola Taverna, Alessandro Di Battista, Riccardo Fraccaro, Alfonso Bonafede e Giancarlo Cancelleri. C’era anche Massimo Bugani, consigliere comunale bolognese vicino a Casaleggio da pochissimo defenestrato dalla sua postazione a palazzo Chigi da Di Maio.

QUANTO ALLA RIUNIONE degli eletti, doveva tenersi mercoledì scorso, mentre le sorti del governo precipitavano. In quell’occasione i senatori grillini avevano intenzione di consegnare il documento in busta chiusa che contiene critiche alla gestione del M5S. Sotto accusa c’è lo scarso coinvolgimento degli eletti, la tendenza a demonizzare i media e l’inadeguatezza di alcuni membri del governo in quota 5 Stelle. Quando le cose con la Lega si sono messe male, l’assemblea che rischiava di diventare il bilancio critico del primo anno di governo era stata annullata. Adesso si apprende che i parlamentari si ritroveranno alle 10.30 di lunedì prossimo, il 12 agosto, il giorno prima che Roberto Fico celebri la conferenza dei capigruppo e segni il cammino prossimo della crisi. Appuntamento alla Camera, dunque, il ramo del parlamento che Luigi Di Maio chiede rimanga aperto perché si voti l’ultima lettura della riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Ancora ieri, i vertici grillini radunati attorno a Casaleggio hanno insistito su questo provvedimento, ne hanno fatto una bandiera e hanno accusato la Lega di volere la crisi per impedire che «si taglino le poltrone». La riduzione dei seggi potrebbe essere una carta vincente in chiave di campagna elettorale, restituendo l’allure anti-casta ai grillini che solo fino a pochi giorni fa vantavano il loro nuovo corso moderato, non urlato, di governo. Ma la riforma rinvierebbe di qualche mese l’eventuale scioglimento delle camere, magari dando il tempo a molti eletti di guardarsi attorno e trovare il modo di far proseguire la loro probabile ultima legislatura. «Dobbiamo continuare a dire la verità e portare a compimento le nostre battaglie – sostiene ancora D’Uva – In primis il taglio del numero dei parlamentari per mostrare al paese quale sia il motivo di questo atto irresponsabile da parte della Lega».

SECONDO MOLTI quello di Di Maio è un bluff, è lui il primo a sperare che l’accelerazione sulla riforma taglia-poltrone venga impedita, in modo da fornirgli un’argomentazione polemica senza metterlo in difficoltà nella gestione delle sue truppe parlamentari. Da qui l’invito all’unità dei grillini da parte di D’Uva nella sua comunicazione ai deputati, cosciente di quanto il momento sia delicato. La comunicazione grillina ha cominciato un fuoco di fila contro il Pd, accusato di essere complice della Lega, anche per sventare possibili convergenze che diano una svolta imprevista alla legislatura.

NEL CAOS, TIENE BANCO l’eterna questione del tetto dei due mandati. Anche qui, si sussurra che si potrebbe scegliere di garantire la ricandidatura a tutti adducendo come motivazione la fine anticipata della legislatura.

Ma è lo stesso ministro delle riforme, Riccardo Fraccaro a giurare che non ci sono moratorie in vista: «Per me ci sono due mandati – dice Fraccaro – per quanto ne so io è ancora così. C’è una deroga solo per i consiglieri comunali che hanno fatto una legislatura. Questa è la regola del Movimento 5 Stelle». Fraccaro ammette che non sa se Di Maio, al momento incandidabile in parlamento secondo lo statuto grillino, sarà il candidato premier:

«Fino a ieri il M5S non si aspettava di dover votare. Non stavamo pianificando la campagna elettorale – spiega – Altri forse la stavano progettando». È vero però che il regolamento parla di limite per i mandati elettivi, ed al momento la legge elettorale non prevede l’elezione diretta del premier. Dunque nulla osterebbe una campagna elettorale condotta da Di Maio. Il M5S non ha altri leader, non ci sono altri personaggi in vista allenati a questo scopo o considerati dai comunicatori della Casaleggio altrettanto potabili. L’alternativa è ovviamente Giuseppe Conte, che ha gestito con profilo autonomo il precipitare degli eventi ma è seguito come un’ombra dal fidatissimo Rocco Casalino. Il che potrebbe essere un valore aggiunto per un M5S che si vuole presentarsi come maturo e in continuità con l’esperienza di governo.