Negli anni settanta ero un giovane studente-lavoratore: dipendente in una cooperativa industriale imolese. Nei giorni liberi frequentavo l’Università di Bologna, dove mi laureai a metà di quel decennio. Partecipavo con interesse ai fermenti creativi che sorgevano dopo la grande ventata di libertà scoppiata in tutto il mondo e anche nella nostra città sin dal 1968. A Imola, come in tutta Italia, la rivolta generazionale verso le istituzioni si esprimeva con le lotte politiche ma anche attraverso nuove modalità di espressione nelle arti, in particolare nel cinema e nella musica. I tempi stavano cambiando e in molti di noi coincidevano esigenze individuali ma anche sogni comunitari.

GLI ANNI OTTANTA erano alle porte, approfondivo letture filosofiche e pratiche orientali. Alle classiche letture di economia sulle trasformazioni sociali collettive si affiancarono esigenze più individuali: dall’irrequietezza sulle istanze sociali passai all’esigenza di rispondere a domande «interiori» sempre più pressanti, lontane da ogni ritualità, ogni dogmatismo.
Mi accostai progressivamente ai testi, alle riflessioni sui libri di Krishnamurti, alle poesie di Tagore, ai saggi di Gurdjieff, di Raimon Panikkar e Yogananda e alla lettura quasi completa dei testi di Herman Hesse.
Fondamentale fu anche la frequentazione a metà anni settanta di un corso di Hata Yoga, condotto da un’imolese con profonde conoscenze filosofiche orientali e soprattutto dei testi di Sri Aurobindo e Mère. Inevitabile fu l’aggregazione di una ventina di amici che partecipavano a quelle lezioni e dimostravano interesse oltre che per lo Yoga anche per la parte filosofica, e infatti molti di questi amici si sono recati poi a Pondicherry ed a Auroville e sono tuttora attivi.

IL BATTESIMO del «primo» grande viaggio in India era previsto per il 29 luglio 1979, acquistai un moleskine, un taccuino dove avrei riportato note e riflessioni su incontri con persone «speciali».
A Imola era una giornata afosa, un anticipo di quel clima che mi avrebbe accompagnato nelle settimane successive. Bombay, la porta dell’India, mi accolse con un monsone e con pioggia per due giorni senza sosta ma non mi impedì di camminare nei vicoli formicolanti di persone tra botteghe e stambugi di artigiani con la vendita di oggetti devozionali. Poi mi avviai alla stazione ferroviaria per iniziare un lungo viaggio rigorosamente in treno attraverso i luoghi classici dell’India: Agra, Jaipur, Delhi, la magica Benares con la visita ai riti induisti che si svolgono quotidianamente sui ghats delle rive del Gange. Un luogo davvero magico dove si radunano migliaia di pellegrini provenienti da tutta l’India per recitare i mantra e rendere grazia al sacro fiume Gange.

LE ULTIME due settimane del viaggio le trascorsi a Pondicherry, piccola cittadina nel Tamil Nadu, dove mi attendevano alcuni amici imolesi partiti dall’Italia un mese prima. Arrivato all’alba nella stazione ferroviaria di Pondy cercai un risciò che mi portasse al Park Guest House, una sorta di ostello della gioventù con piccole stanze e una mensa in comune. Un silenzio quasi assoluto nelle strade prive di auto e negli interni degli edifici che mi ricordavano l’Europa. Pondicherry era stata dal 1764 fino al 1954 una colonia francese e in quasi trecento anni era stata modellata con un’architettura e uno stile decisamente europei.
In altre giornate con il sole alto e una temperatura sui 38 gradi mi recavo con alcuni amici in bicicletta ad Auroville, allora in costruzione dove erano allestite delle capanne per gli aurovilliani che lavoravano alla costruzione del Matrimandir.
Pondicherry oggi conta un milione di abitanti, è affacciata sul Golfo del Bengala a duecento km. da Chennai (Madras) già protettorato francese e sede dell’Ashram di Sri Ghose Aurobindo, luogo in cui egli visse gli ultimi quaranta anni prima di abbandonare il corpo nel dicembre del 1950

SRI AUROBINO
Nato a Calcutta nel 1872, figlio di un medico educato all’occidentale, Sri Aurobindo fu inviato all’età di sette anni in Inghilterra per studiare nelle migliori scuole; divenne un esperto classicista e imparò il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano oltre all’inglese. La sua istruzione giovanile fu quindi fortemente occidentale; acquisì una profonda conoscenza della cultura greco-romana ed europea, estesa alle lingue e alla letteratura, compresa quella italiana, con particolare attenzione alle opere di Dante, e soprattutto di Giuseppe Mazzini. Ventenne rientrò in India, terra di cui fino a quel momento aveva ignorato quasi tutto. In patria svolse un’intensa attività politica per l’indipendenza e nel contempo si diede a uno studio approfondito dello Yoga e delle principali tradizioni spirituali indiane.
Nel 1908 fu arrestato e trascorse un anno in una prigione ad Alipore. Liberato nel 1909 si stabili l’anno successivo a Pondicherry, allora territorio francese. Lì rimase per il resto della vita, avendo più tardi come compagna spirituale una donna di origini francesi con poteri occulti e spirituali straordinari, Mirra Alfassa (1878-1973) conosciuta come la «Madre»(Mère). A Mère egli affiderà la direzione dell’ashram. Il quarto di secolo precedente la sua scomparsa, Sri Aurobindo lo visse in solitudine dedicandosi alla meditazione, alla scrittura e allo studio dei testi sacri della religione indiana: i Veda, le Upanishad e la Bhagavad Gita.Per la prima volta nella storia umana Sri Aurobindo ha prodotto una sintesi che contiene il pensiero e le esperienze psichiche, religiose ed umane sia dell’oriente che dell’occidente.
Avevo con me una copia del libro di Satprem, discepolo e aiutante della Madre, L’avventura della coscienza, pubblicato dall’Editrice Galeati di Imola, sul pensiero evoluzionista di Sri Aurobindo. Curiosamente la prefazione del libro era redatta da un imolese, il prof. Mario Montanari, europeista ante litteram che si era recato a Pondicherry nell’agosto 1964 per un convegno del Movimento Umanista Mondiale ed era rimasto profondamente colpito dal fervore culturale e spirituale presente nella cittadina indiana. Ben altri due libri su Aurobindo furono stampati ed editati dalla Grafiche Galeati quasi a confermare una sintonia fra Imola e Pondicherry.

DA ALLORA mi sono recato un’altra estate a Pondy e cinque volte in inverno ad Auroville, compresa l’ultima permanenza nel gennaio e febbraio 2018. Le due prime permanenze a Pondy erano segnate dalla visita quasi quotidiana al «samadhi» dove sono sepolti Sri Aurobindo e Mère. Mi sedevo in meditazione in un angolo del giardino dove tanti discepoli provenienti da vari Paesi meditavano e portavano fiori sulle tombe dei Maestri.
Auroville: la città delle mille utopie
Sin dal 1964 Mère «sognò» il progetto di Auroville e cominciò a lavorarvi concretamente. Così affermava: «Auroville vuole essere una città universale in cui donne e uomini di tutti i paesi siano in grado di vivere in pace e in crescente armonia, al di là di tutte le credenze religiose, di tutte le idee politiche e di tutte le nazionalità: Lo scopo di Auroville è quello di realizzare l’unità umana». (Mere 8 settembre 1964).

DALLO STATUTO
DI AUROVILLE
1. Auroville non appartiene a nessuno in particolare. Auroville appartiene all’umanità nel suo insieme.
Ma per vivere ad Auroville bisogna essere servitori volontari della Coscienza Divina.
2. Auroville sarà il luogo di un’educazione perpetua, di un progresso costante e di una giovinezza che non invecchia mai.
3. Auroville vuole essere il punto d’incontro fra il passato e il futuro. Approfittando di tutte le scoperte esteriori ed interiori, Auroville vuole slanciarsi arditamente verso le realizzazioni future.
4. Auroville sarà un luogo di ricerche spirituali e materiali per dare un corpo vivente ad una concreta unità umana.
Era il 28 febbraio 1968 quando queste parole furono trasmesse via radio alla folla che si era riunita per assistere alla posa della prima pietra del progetto della «città» di Auroville in un altopiano deserto di terra rossa nel sud dell’India, nello stato del Tamil Nadu, a pochi chilometri dalla città di Pondicherry.
Auroville fu inaugurata alla presenza di 124 delegazioni di altrettante nazioni: oggi ospita nell’area del piano regolatore 2.700 volontari residenti provenienti da circa 54 Paesi e dai villaggi circostanti
Sin dall’inizio si presentò l’esigenza di far rinascere centinaia di ettari di terra rossa, desertica. Furono piantati oltre due milioni di alberi e arbusti; oggi è una terra fertilissima con alberi, fiori e campi coltivati ad agricoltura biologica. Secondo le indicazioni di Mère la citta di Auroville, la città dell’Aurora, doveva avere una forma concentrica e suddivisa in quattro aeree: la zona residenziale, la zona industriale, internazionale e quella culturale
Al centro di Auroville si trova l’Area della Pace, che comprende il Matrimandir e i suoi giardini, l’Anfiteatro con l’Urna dell’Unità Umana. «Il Matrimandir vuole essere il simbolo della risposta al Divino – disse Mère – di aspirazione dell’uomo verso la perfezione. Unione con il Divino che si manifesta in una unità progressiva umana».
Oggi la struttura è completata e la camera interna con la sua vastità di marmo bianco, la sua sfera di cristallo al centro, il suo silenzio è visitata ogni giorno da Aurovilliani per la meditazione e da un numero crescente di persone provenienti dal mondo intero. Il progetto del Matrimandir su indicazioni di Mére fu iniziato dall’architetto francese Roger Anger e dall’architetto, scenografo e coreografo Paolo Tommasi giunto a Pondy a fine anni ’60.
Ad Auroville i terreni e le costruzioni non appartengono agli Auroviliani ma fanno parte del patrimonio dell’Auroville Foundation.
Aspiration, Surrender, Unity, Transformation sono alcune numerose comunità abitative e produttive – tutte basate sull’autogestione consapevole – dove poter condividere questo progetto di comunità sociale e spirituale. La recente storia di Auroville come città-modello, come comunità universale, rappresenta anche una sfida tra ricerca spirituale e pragmatismo sociale; «anarchia divina come forma di governo» la chiama Mère, tra esperienze culturali ed etniche provenienti da tutto il mondo attratte dal sogno della Madre.

CE N EST QU’UN DEBUT … 1968-2018
E venne il giorno del mio settimo viaggio previsto per i mesi di gennaio e febbraio 2018 in occasione del 50° della fondazione di Auroville. È stata anche l’occasione di una riflessione sulle grandi trasformazioni avvenute in India e ad Auroville a 39 anni dal mio primo viaggio. Sarà anche l’occasione di riprendere in mano il «moleskine» e aggiungere sul taccuino indiano altre note, scritti di getto, impressioni sull’evoluzione dei Auroville.
Appena usciti dall’aeroporto di Chennai non trovai più capanne e questuanti, né le vacche erranti lungo le strade; le moto e le auto hanno avuto il sopravvento sulle migliaia di bicilette.
Scomparsi i risciò per il trasporto di persone, i Suv hanno sostituito le vecchie auto Ambassador. Lungo tutta la superstrada del mare che collega Chennai a Pondy si notano ovunque grattacieli uniformi di 8-10 piani e imprese di produzione e di servizi, a conferma di una fortissima crescita economica pur mantenendo il caos tipico nei Paesi in sviluppo.
Anche Auroville ha subito forti trasformazioni con alcune positività: sono cresciuti enormemente i servizi e le strutture fondamentali per una città in espansione con nuove scuole, un moderno cinema-teatro, molte sale per mostre e convegni, una buona struttura di servizio sanitario e ovviamente nuovi ristoranti. Anche le strade polverose di terra rossa sono state asfaltate in occasione del 50°di Auroville e della visita del Primo Ministro Narendra Modi, svoltasi il 25 febbraio 2018, con eventi programmati per tutto l’anno.
Oggi in Auroville operano oltre 300 piccole imprese commerciali e artigianali e diverse istituzioni pubbliche.
La convivenza e l’evoluzione delle coscienze presuppone anche la gestione partecipata dello sviluppo sociale-urbanistico-economico e quindi Auroville si è dotata di alcuni organismi per la governance: Residents Assembly, Governing Board, International Advisory Council, il Working Commitee e anche una discreta presenza del Governo Indiano.
La governance di Auroville è regolamentata sulla base di una legge ad hoc approvata dal Parlamento Indiano nel 1968. L’attuale presidente del consiglio di amministrazione è il Dott. Karan Singh, membro del Consiglio esecutivo dell’Unesco.
Si tratta di una realtà sostenuta dalla Commissione Europea (che ha finanziato anche il Town Hall, il Municipio, sede organizzativa e amministrativa dell’intera comunità), dal Governo Indiano, dall’Unesco e da vari organismi internazionali.
Auroville è presente con una rete di centri legalmente costituiti in otto Paesi: Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia, Usa e Canada. Inoltre sono presenti delle persone che operano come Liason ufficialmente riconosciute e presenti in una quarantina di Paesi tra i quali l’Italia.
Ma nell’orizzonte di Auroville ci sono anche minacce che ne aumentano la fragilità e attentano all’esistenza stessa della città. L’aumento del costo della vita con una forte influenza sullo sviluppo dell’intera India, una tendenza che rischia di creare all’interno della comunità delle profonde differenze economiche e sociali. Un’influenza che si registra in modo particolare per i giovani e i residenti più anziani, giunti ad Auroville negli anni settanta e che non hanno altre entrate economiche tali da renderli autosufficienti, oltre a un piccolo reddito di sostentamento versato dalla comunità.
Un’altra minaccia è rappresentata dall’aumento del costo dei terreni attorno Auroville, previsti per un eventuale allargamento urbanistico della comunità, e dalla crescente speculazione immobiliare.
Una minaccia per lo sviluppo di Auroville è anche la trasmissione dei valori spirituali e comunitari indicati nella Carta fondativa di Auroville redatta da Mère nel 1968; valori che devono essere rivisti e attualizzati nella speranza che le nuove generazioni possano essere protagoniste del cambiamento economico e spirituale di quest’angolo della terra indiana, così importante per migliaia di amici interessati a vivere questa esperienza.
Auroville è un ponte fra Oriente e Occidente, anticipatrice di tante fasi evolutive dei nostri tempi, un laboratorio comunitario permanente, comunque una realtà concreta, dove poter affrontare con serenità e condividere con altri quel richiamo incessante di un processo evolutivo interiore che rappresenta la nostra vera indole e motivazione a ritrovarci periodicamente in quest’angolo del sud dell’India.