Ogni qualvolta ci si avvicina a Fabrizio De Andrè non si può far a meno di osservare un monumento, fuso con lo stampo della sua opera che, a distanza di quasi vent’anni dalla morte, si è stratificata sulla sua figura di artista ed intellettuale. Sebbene negli ultimi tempi quest’ultima «anima», non affrancandosi dal detto italico che si è buoni per tutte le stagioni, abbia preso il sopravvento sulla raffinata sensibilità artistica. Infatti, intraprendendo tale indirizzo e non deviando dal suo percorso musicale, la sua discografia non smette – e al pari della sua leggenda – di riservare sorprese.

Nessun ascolto in più delle sue canzoni è banale: la letterarietà dei suoi testi è dettata dalla sua stessa musica; gli stessi che giovandosi di questa inscindibile convivenza sopravvivono nella memoria collettiva. Ciò fa sì che «Faber» sia come detto un monumento, però vivente. Anche se si contano quasi di dieci in dieci gli anni da quando è morto e che, soltanto tre anni prima, nel 1996, dichiarava all’uscita di quello che sarà il suo ultimo album una frase che a leggerla suscita più di uno scossone emotivo. Il cantante genovese disse più o meno: «La ricerca musicale di Anime salve arriva da molto lontano, dall’attenzione che ho prestato nel volgere degli anni alle esperienze altrui, da tutti i musicisti e i gruppi cui ho collaborato». Mai, dunque, avrebbe immaginato di consegnare, oltre al punto di svolta progettato e ad un pugno di brani che ispirarono molti, il foglio testamentario della sua carriera.

Pertanto, la Legacy Edition di Anime salve (Sony Music, 2 CD e 3 LP con live dei tour annesso e booklet con ricostruzione storica di John Vignola) rende consapevole all’ascolto questi due sinceri e commoventi passaggi. Ormai diventati storia sia nella difficile gestazione del lavoro; contrasti De Andrè non li ebbe solo con Fossati, con cui scrisse l’intero disco, ma anche con Piero Milesi, arrangiatore e produttore proveniente dalle fila della musica folk prog milanese e in quel periodo molto attivo nel teatro e nel cinema sperimentale. Questo dimostra però come De Andrè abbia cercato strade alternative al sublime capolavoro di Creuza de Ma, contando prima nella prova generale de Le nuvole (il richiamo alla commedia di Aristofane dice molto di più di quello che sembra e lì Milesi figurava solo come orchestratore) e poi tentando con Anime salve una tanto cosciente quanto inedita fusione di contenuti e forme, politiche e musicali che in pochi, forse, hanno saputo capire allora ed oggi invece così smaccatamente attuali cogliendo l’urgenza di temi come l’accoglienza, il gender, il razzismo.