«Sono nato nel centro della pianura Padana, ma quasi la metà della mia ispirazione arriva da Eduardo De Filippo e i film di Totò e Peppino. Potrei persino intonare Torna a Surriento». Rinuncia alle note Guido Silvestri, in arte Silver, e l’omaggio alla città lo rende piuttosto con un Lupo Alberto gigante nei panni del pazzariello, esposto nelle sale di Castel dell’Ovo, tra tavole originali, immagini di albi e bozzetti, fino all’11 maggio. L’occasione sono i quarant’anni del suo personaggio più famoso, festeggiati con la mostra Attenti al lupo! curata da Ferruccio Giromini. «Alberto è blu perché all’epoca erano molto in voga i Puffi, è un avanzo di blu di Puffo – racconta ridendo Silver -. All’inizio pensavo a una storia che avesse al centro la fattoria McKenzie. Una delle mie fonti di ispirazione erano le strip americane, in particolare Pogo di Walt Kelly. Il suo fumetto raccontava la vita degli animali della palude di Okefenokee, era pieno di richiami politico-sociali che io a 20 anni non coglievo, ma volevo riprodurre quel tipo di scenario. Poi nella seconda striscia ho inserito il lupo che si avvicina al recito del pollaio e da allora il centro della storia si è spostato». Alfredo Castelli, uno dei caporedattori del Corriere dei Ragazzi, senza avvisare Silver, cambiò il titolo della strip in Lupo Alberto.

L’apprendistato di Silver è iniziato nel 1974 con Bonvi e il suo Nick Carter: «Tra Bologna e Modena c’era una scena molto viva. Tutto è cominciato con Carosello e talenti come Paolo Campani, padre di personaggi come l’Omino coi Baffi per la Bialetti, Miguel ‘son sempre mi’ per la Talmone. Con la fine di Carosello nacquero molti studi di grafica. In questo clima sono cresciute molte strisce italiane e fenomeni televisivi come Super Gulp! I fumetti in Tv». Del Lupo Alberto serie animata prodotta dalla Rai non va fiero, osservando i model sheet e gli story board spiega: «Il fumetto e il cartone animato sono due realtà completamente differenti, bisogna lavorare moltissimo perché non venga tradito lo spirito del personaggio». Quarant’anni in produzione senza soste non è semplice. Molti, tra cui ad esempio Kelly, smettono: «Ho creato un’officina con un gruppo di lavoro che mi ha aiutato nel tempo. Il tratto adesso è più sicuro, a 25 anni il disegno è stentato ma c’era molta più sperimentazione in certe espressioni dei protagonisti di quanto ci sia adesso».

La tappa napoletana, organizzata dall’associazione Kolibrì, ha un prologo con un omaggio ai 50 anni di Mafalda di Quino nella prima sala e si chiude con lo spazio dedicato a «Libri senza parole: da Lampedusa al mondo e ritorno»: una selezione di 111 silent books, cioè libri illustrati senza parole che l’associazione no profit Ibby ha raccolto per la biblioteca di Lampedusa con lo scopo di sostenere l’accesso di tutti i bimbi alla letteratura a prescindere dalla nazionalità.