Uno dei grandi nomi del mondo della cultura giapponese scomparsi quest’anno è Monkey Punch, fumettista ed artista a tutto tondo che ci ha lasciati lo scorso aprile all’età di ottantuno anni. Il suo nome resta legato a quello della sua creazione più famosa, Lupin III, il ladro gentiluomo che prima sulla carta e poi sul piccolo e grande schermo è diventato nel corso di questi ultimi cinque decenni un fenomeno di costume in tutto il mondo. Giacca verde, giacca rossa, giacca rosa e giacca blu, oltre alle varie serie televisive in questo mezzo secolo lo abbiamo visto in molti film, fra live-action e lungometraggi animati, senza contare i lavori realizzati per il mercato dell’home video.

Per celebrare i quarant’anni dall’uscita nelle sale di uno dei migliori e più celebri lavori dedicati al ladro creato da Monkey Punch, Lupin III – Il castello di Cagliostro, diretto da Hayao Miyazaki nel 1979, lo scorso mese in alcuni teatri dell’arcipelago il film è stato proiettato in 4D, che niente aggiunge all’opera però. Molto più interessante è invece l’uscitain questi giorni – con grandissimo successo – di Lupin the Third: The First, primo film dedicato al personaggio ed interamente realizzato in CGI. Lupin e la sua banda, Goemon, Jigen e Fujiko, vanno alla caccia del misterioso diario di Bresson, uno scritto che illumina il passato, quello nazista e della seconda guerra mondiale, e promette una tecnologia in grado di cambiare il mondo. In questa ricerca si imbattono in una misteriosa organizzazione che ha legami con il nonno di Lupin e Letitia, una giovane ragazza aspirante archeologa il cui passato è legato al diario.

Regista del film è Takashi Yamazaki, in patria noto soprattutto per blockbuster di successo come la serie di Always 3 cho-me, Parasyte 1 e 2, Stand By Me Doraemon e Dragon Quest: Your Story, quest’ultimo uscito la scorsa estate. Tutti questi lavori fanno ampio uso della computer graphic, tecnologia di cui Yamazaki è diventato in questi anni, almeno in Giappone, uno dei punti di riferimento nel settore.

PER QUESTO motivo uno dei pregi del film è proprio la realizzazione dei paesaggi e sopratutto dei personaggi: Lupin, Jigen, Goemon, Fujiko, ma anche l’ispettore Zenigata sono abbastanza fedeli allo spirito della serie tv, sia graficamente che per quanto riguarda la loro caratterizzazione, tutte le peculiarità che hanno fatto la fortuna del franchise sono qui comicamente messe in risalto con scelte davvero riuscite.
I dubbi che aveva fatto sollevare più di qualche critica prima dell’arrivo del primo trailer, cioè come sarebbero stati resi personaggi tanto popolari con la computer graphic, si sono dissipati abbastanza presto. Certo qualche movimento, soprattutto di qualche personaggio secondario, è ancora un po’ legnoso in alcuni punti, ma a questo ci si abitua abbastanza presto.

Il plot al contrario è abbastanza prevedibile e non particolarmente originale, una miscela di elementi presenti nelle storie di Lupin fino ad ora realizzate, un omaggio forse, e una sorta di mistero alla Indiana Jones che sfocia, verso la fine del film, anche in fantascienza. Le scene di azione sono abbastanza divertenti, specialmente quelle in cui prende parte la mitica Fiat 500 gialla, per il resto la narrazione si porta avanti un po’ stancamente, qualche volta senza ritmo e, come detto, in modo abbastanza prevedibile, almeno per chi ha familiarità con i vari topoi che ricorrono nelle storie dedicate a Lupin. Detto questo però, come intrattenimento il film funziona e si lascia guardare, anche grazie al personaggio di Letitia che diviene un centro narrativo per la pellicola, così come funzionano le varie gag fra Lupin, Fujiko, Zenigata e tutta la banda, e le musiche, che ricalcano quelle magnifiche create da Takeo Yamashita per la serie.

IL FILM (in Italia il 20 febbraio 20120) che segue fedelmente,pure troppo dirà qualcuno, la formula che tanta fortuna ha avuto sul piccolo schermo, sembra quindi un prodotto fatto e pensato per accontentare gli innumerevoli fan del personaggio inventato da Monkey Punch, ma anche coloro che conoscono Lupin sono in maniera superficiale come personaggio di culto, o che hanno visto le sue avventure in televisione magari solo di sfuggita.