Claudio Dal Zovo, 61 anni, con un passato da studente in scienze forestali, ma di professione fa l’informatico, coltiva sul terrazzo e in giardino a Caldiero, paese a pochi chilometri da Verona, tra 50 e 100 varietà di peperoncini, rigorosamente in vaso. «Le varietà che metto a dimora sono diverse ogni anno in quanto posso sceglierne tra migliaia», racconta Dal Zovo. «Non sono certamente il più grande collezionista in Italia, ci sono molti appassionati che coltivano altrettante varietà o anche di più. Forse però ho la più grande collezione di semi puri, cioè semi di varietà stabili prodotti in modo da evitare incroci e quindi mantenere nel tempo le caratteristiche. E molto probabilmente ho una tra le più complete collezioni di semi di specie selvatiche». Una passione nata nel 2003, quasi per caso. «In precedenza amavo mangiare piccante, ma avevo avuto pochissime occasioni di assaggiare peperoncino fresco», ricorda Dal Zovo. «Poi un vicino mi regalò una piantina che coltivai con ottimi risultati. Estrassi i semi da suoi frutti e l’anno successivo ottenni molte piante». La grande occasione di mettere a dimora tante varietà gli venne frequentando Mario Dadomo, probabilmente il più grande esperto italiano di specie coltivate, purtroppo scomparso prematuramente alcuni anni fa. «Da lui nel 2005 ho acquistato semi e piantine di una decina di varietà», continua, «e il semplice interesse è diventato una vera passione». Poi, quando l’Italia iniziava a essere stretta ha incrementato la sua collezione con gli scambi con altri appassionati di tutto il mondo o richiedendo semi alle poche banche che dispongono di peperoncini e che li distribuiscono per scopi di ricerca, come l’Usda negli Stati Uniti, Avrdc a Taiwan, Cgn in Olanda, Ipk in Germania, Bgh in Brasile.
«Nel 2006 sono stato, probabilmente, il primo a coltivare in Italia», racconta Dal Zovo, «il Naga Morich e il Bih Jolokia, provenienti rispettivamente dal Bangladesh e dall’Assam, regione situata nel Nord Est dell’India. All’epoca erano senza dubbio le varietà più piccanti conosciute, due o tre volte di più degli habanero considerati fino ad allora il top. Ora quel record è stato demolito. Esistono varietà piccanti almeno il doppio, sia naturali, come lo Scorpion e il Moruga di Trinidad, che frutto di incroci e selezioni, come il Carolina Reaper».

Una cosa che balza agli occhi visitando il suo giardino sono le diverse altezza delle varie piante coltivate. «La varietà ornamentale J4 non supera i 15 cm», afferma, «mentre il Pimenta da Neyde supera facilmente i due metri di altezza in un anno. La Wild Pepperlover raggiunge invece anche i tre metri in un anno, con la chioma di un diametro di due metri». In natura le specie di peperoncini selvatiche possono raggiungere dimensioni notevoli, seppur in molti anni. «In Bolivia», racconta, «ho visto una pianta di Capsicum caballeroi alta 4 metri e con la chioma con un diametro di cinque metri. In Brasile ho trovato una pianta di Capsicum buforum con il fusto sdraiato con uno sviluppo complessivo di oltre 10 metri». Inoltre, tra le tante specie e varietà rare coltivate quella che più ama ricordare Dal Zovo è il Capsicum flexuosum, unica specie di peperoncino che resiste al gelo e che in Italia ha superato, all’aperto e senza alcuna protezione, inverni con punte di -13°C, ma si hanno notizie che in Finlandia sia resistito anche a temperature fino a -25°C.

La sua passione non si limitata alla sola coltivazione del peperoncino, ma anche a viaggi di studio nelle zone di origine delle specie selvatiche. «Ho effettuato cinque viaggi esplorativi nel Sud Est del Brasile e due in Bolivia. Il risultato è una completa documentazione fotografica e descrittiva», afferma, «di popolazioni di 15 specie e in molti casi le mie immagini sono le prime, e spesso uniche, disponibili. Inoltre, ho documentato la diffusione di queste specie e segnalato alcune situazioni critiche che le stanno portando a rischio estinzione». Per Dal Zovo tutto questo non è ancora abbastanza: «Restano ancora da vedere e documentare almeno altre 15 specie in Perù, Ecuador, Colombia… oltre ad una introvabile in Bolivia».

La passione per questa pianta lo ha portato a dare vita anche a un’associazione, Pepperfriends, per diffondere le conoscenze e la corretta informazione su ogni aspetto del peperoncino, dalla botanica alla coltivazione all’utilizzo. «Ogni anno organizziamo un congresso invitando, quando possibile, esperti di coltivazione, malattie e botanica, organizziamo mostre di frutti, collaboriamo con studiosi e orti botanici. Abbiamo anche creato un sito per descrivere specie e varietà (www.pepperfriends.org)».

Un consiglio per chi vuole cimentarsi nella coltivazione, che come dice l’esperto è relativamente semplice, è quello di iniziare utilizzando varietà jalapeño, di origine messicana, adatta per il consumo fresco (in insalata) o cotta al forno (ripieni di carne o formaggio) o per la conservazione sottaceto. Per chi vuole maggior piccantezza, un classico è l’habanero arancio, sempre di origine messicana. «Le varietà con frutti che maturando cambiano molte volte colore sono un’ottima alternativa ai fiori in giardino, anche perché i frutti multicolori sono presenti sulle piante per molti mesi.