Canzoni memorabili, interpretazioni cinematografiche da ricordare, quadri e molto altro. Questo il lascito di David Bowie, e, giusto un paio di giorni prima di abbandonarci, anche un testamento sonoro, l’album Blackstar, in cui una traccia in particolare ci raccontava l’ineluttabile. Quel brano, Lazarus, dava anche il titolo a un musical in scena a Broadway fino a qualche settimana fa e che ora, e fino al 22 gennaio, farà tappa al King’s Cross Theatre di Londra.

Lo spettacolo, ideato da Bowie con la collaborazione di Enda Walsh e diretto dal belga Ivo van Hove, si basa sulle vicende di Thomas Newton, il protagonista del libro (e poi anche della trasposizione cinematografica di Nicholas Roeg, interpretato proprio dal Duca Bianco) di Walter Tevis, L’uomo che cadde sulla terra. La storia, in teoria, dovrebbe riprendere da dove il libro ci aveva lasciati, e si apre con Newton – interpretato da Michael C. Hall, il Dexter dell’omonima serie tv – all’interno del suo appartamento di New York. La scenografia si limita a un unico ambiente beige, un letto e un frigorifero pieno di bottiglie di gin, unico sostentamento al quale il protagonista si aggrappa per combattere i propri fantasmi, un passato di cui non ha ricordi concreti, se non la vaga memoria di una donna dai capelli blu – forse Emma Lazarus, la poetessa la cui opera The New Colossus è scolpita alla base della Statua della Libertà – di cui Newton era probabilmente innamorato. Al centro della scena uno schermo dove passano immagini disparate, da spezzoni d’epoca a riproposizioni in contemporanea delle scene, e dietro due grandi finestre una band che suona dal vivo i brani che accompagnano il tutto.

E se ineccepibile o quasi è la parte musicale – si ascoltano le riproposizioni di 17 brani, tra cui alcune hit come Life on Mars, This Is not America, The Man who Sold the World, Changes, Heroes e un paio di inediti –, con Hall e gli altri attori (su tutti Michael Esper nelle vesti di Valentine, anima nera della storia) che mostrano grandissime doti vocali, è proprio la trama a lasciare più di qualche dubbio. Si viene catapultati in una dimensione dove poco ci viene spiegato su cosa sia successo prima e sul perché ci si ritrovi in quel momento, e poco chiara è anche la presenza di alcuni personaggi e il loro effetto sulle dinamiche dello show. Caratteri come l’assistente Elly (Amy Lennox), invaghita del suo datore di lavoro (ma di che lavoro si tratta?), della stessa Girl (Sophia A.Caruso), figura «immaginaria», che potremmo definire l’alter ego del protagonista, o del già citato Valentine, personaggio che si ricollega a uno dei brani in scaletta, Valentine’s Day, che racconta di una sorta di demone.

Il tutto scorre tra momenti di stanca e difficoltà nel seguire le azioni sul palco, grazie a una location tutt’altro che entusiasmante, fino al finale, scontato, in cui il protagonista, con l’aiuto dell’immaginaria Girl, costruisce il razzo che lo porterà dove sembra appartenere, allo spazio, sul pianeta Marte.