L’universo sgargiante dell’infanzia russa
Mostre La grande collezione Adler di libri sovietici per ragazzi esposta a Milano. Si ricostruisce quel «mondo autosufficiente di colori splendidi» che Benjamin scorgeva negli albi illustrati. Gli architetti tedeschi Hans Edward ed Hedwig Adler, durante la permanenza a Mosca, misero insieme una notevole raccolta, ora nei fondi della Biblioteca Nazionale Braidense
Mostre La grande collezione Adler di libri sovietici per ragazzi esposta a Milano. Si ricostruisce quel «mondo autosufficiente di colori splendidi» che Benjamin scorgeva negli albi illustrati. Gli architetti tedeschi Hans Edward ed Hedwig Adler, durante la permanenza a Mosca, misero insieme una notevole raccolta, ora nei fondi della Biblioteca Nazionale Braidense
A Walter Benjamin – avido collezionista di libri per ragazzi – le edizioni sovietiche per l’infanzia non fecero grande impressione, almeno non al tempo del suo soggiorno datato inverno 1926-1927. Riferendo nel Diario moscovita della serata trascorsa da Maximilian Schick, il filosofo si lamenta del fatto che il padrone di casa, in segno di gratitudine per una serie di incombenze che gli aveva chiesto di svolgere in vece sua a Berlino, gli avesse appioppato «una montagna di libri per bambini senza valore né interesse, che non potei tutti rifiutare».
Smaccatamente ispirate alla tradizione grafica tedesca, le loro illustrazioni difettavano di quel «colore tipico», ovvero di quella sfrenata esuberanza cromatica che, al contrario, rendevano a Benjamin tanto cari i giocattoli popolari russi – tutti quei galletti, carretti e pupazzetti di legno dipinto o cartapesta di cui al ritorno dall’Urss riempì un’intera valigia.
Tuttavia, il contenuto del suo bagaglio avrebbe potuto essere diverso se avesse avuto l’occasione di imbattersi non in quelle imitazioni pedestri di Pierino porcospino, bensì nei libriccini assai più variopinti e originali che le Edizioni di Stato stava sfornando in quegli anni, avvalendosi della collaborazione di scrittori e artisti legati alle correnti d’avanguardia.
FORTUNA CHE INVECE TOCCÒ a Hans Edward ed Hedwig Adler, una coppia di architetti tedeschi che, nel corso della loro permanenza a Mosca di poco successiva a quella di Benjamin (1930-1933), misero insieme una notevole collezione di libri sovietici per ragazzi (257 titoli, di cui 169 in russo, 85 in ucraino e 3 in yiddish), approdata per il tramite di James M. Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, ai fondi della Biblioteca Nazionale Braidense.
Questo lascito è ora al centro della mostra Tempi terribili – libri belli curata dallo stesso Bradburne insieme a Federica Rossi e visitabile nella sala Maria Teresa fino al 20 marzo. Contestualizzando tali edizioni sullo sfondo della cultura visuale dell’epoca grazie a una serie di accostamenti con manufatti attinti a raccolte private (come le spille dell’agit-prop socialista provenienti dalla collezione di Alberto Sandretti), l’esposizione ricostruisce – ovviamente declinandolo in forme sovietiche – quel «mondo autosufficiente di colori splendidi» che Benjamin scorgeva nel libro infantile.
Un universo «mobile, trascolorante e incodificabile» (come riassume Giulio Schiavoni, curatore degli scritti che il filosofo tedesco dedicò a questo tema, riproposti di recente da Giometti&Antonello col titolo Orbis pictus) che si andava sempre più trasformando in laboratorio privilegiato del «radioso avvenire».
TALE ESITO NON STUPISCE certo, se si considera che già negli anni Venti Nadezhda Krupskaja aveva definito il libro per bambini «una delle armi più potenti dell’educazione socialista delle giovani generazioni». Compito che indubbiamente cercò di assolvere Vchera i segodnja di Samuil Maršak (1925), costruito fin dal titolo sull’antitesi tra «oggi e ieri», come testimoniano anche le illustrazioni di Vladimir Lebedev. Qui la contrapposizione ideologica tra passato e presente trova un’immediata eco a livello grafico non solo nei due opposti «cortei» della copertina (due vecchi parrucconi e un servo sfruttato che si trasformano come per magia in alacri ed energici proletari), ma anche all’interno nella giustapposizione di parole-chiave in rima fra loro e di uguale lunghezza (lampa kerosinovaja, «lampada al cherosene», versus svecka stearinovaja, «candela di stearina», in ossequio allo slogan leniniano per cui il comunismo era il potere dei Soviet più l’elettrificazione).
Cortocircuiti semantici che, con la loro flagrante evidenza, dovevano imprimersi anzitutto visivamente nelle menti dei giovani lettori. Un altro bell’esempio in questo senso è offerto da Novye zagadki (Nuovi indovinelli, 1931) di Kornej Chukovskij, dove quattro «vecchie» aquile nella pagina di sinistra si tramutano in quella di destra in altrettanti «nuovi» aeroplani con tanto di stelle rosse sulle ali.
ONNIPRESENTI NEI LIBRI della collezione Adler sono i temi della competizione socialista e del lavoro in fabbrica, nonché le gesta della cavalleria di Semen Budennyj nella Guerra civile, ma – specie negli anni Venti – non mancano neppure narrazioni più articolate e potenzialmente «eversive» (almeno dal punto di vista del nascente stalinismo). In Pochta (Posta, 1927), un altro gioiello di Maršak illustrato da Michail Cekanovskij, una lettera raccomandata insegue implacabilmente il suo destinatario in giro per il mondo, da Berlino a Londra, e da lì in Brasile, per ritrovarlo infine al suo indirizzo originario di Leningrado – a testimonianza del fatto che parlare di emigrazione e di rimpatrio in Urss all’epoca non era affatto tabù, anzi.
A lasciare il paese dei Soviet, ma stavolta per motivi di proselitismo, nel libro di Elena Safonova Lenin v Indii (Lenin in India, 1931) è addirittura il «padre del proletariato», o perlomeno una sua statua, che, sovrastata da un baldacchino a pagoda, sfila tra folle di hindu festanti (e orientalisticamente raffigurati senza lineamenti!) in groppa a un elefante. Il tema degli animali affiora spesso nei libri appartenuti agli Adler, con effetti talora disturbanti per la nostra odierna sensibilità. O tom, kak papa zastrelil mne chor’ka (Come papa ha sparato per me a una puzzola, 1930) di Daniil Charms è incentrato sulle peripezie di un povero roditore che incappa in un padre sovietico al ritorno dal lavoro. Neppure il gusto per l’assurdo e il grottesco, notoriamente dispiegato altrove dall’autore, salverà la bestiola dal suo triste destino – finire impallinata e poi impagliata.
PIÙ RASSICURANTE è Domashnye zhivotnye di Jurij Pimenov, dove il concetto di «animale domestico», complice anche l’ampiezza dell’impero sovietico, viene inusitatamente allargato, fino a includere non solo tutti quelli che possono essere allevati in un kholkoz, ma anche… renne e dromedari. Significativa è anche l’omogeneità stilistica tra le soluzioni utilizzate dagli artisti visivi nei libri per l’infanzia e quelle della loro pittura da cavalletto, quasi l’occhio del bambino dovesse essere educato fin da subito a orientarsi in un continuum visivo coerente, evitando qualsiasi semplificazione o bamboleggiamento. Illustrando Kuter’ma di Nikolaj Aseev, Aleksandr Dejneka sembra citare se stesso e, in particolare, la sua celebre tela La difesa di Pietrogrado, mentre i proletari in fabbrica disegnati da Lebedev per Doska sorevnovanija (La battaglia della competizione, 1931) sempre di Maršak paiono usciti dai suoi manifesti.
Altrove sono invece i bambini a essere incoraggiati se non a diventare artisti, quantomeno a dar sfogo alla loro fantasia, come nei libri «carta e forbici» di Lev Judin e Vera Ermolaeva, destinati a essere ritagliati e utilizzati per creare un arsenale multiforme e potenzialmente inesauribile di acrobati, sciatori e dimostranti con striscioni. Un’idea che sarebbe piaciuta molto a Benjamin, convinto che «quando inventano storie, i bambini sono registi che non si lasciano tarpare le ali dal ‘senso’».
«Tempi terribili – libri belli», visitabile dal vivo dalla settimana prossima
«Tempi terribili – libri belli» (che deve il suo titolo all’ampia raccolta reprint «Inside the Rainbow: Russian Children’s Literature 1920-1935: Beautiful Books, Terrible Times», London, Redstone Press, 2013) sarà visitabile «dal vivo», forse già a partire dalla settimana prossima, dall’8, nella sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense a Milano. Nel frattempo, registrandosi gratuitamente su Brera Plus+ (https://breraplus.org/), si può visionare un documentario di introduzione alla mostra e sfogliare per intero una trentina dei libri della Collezione Adler (sotto la dicitura «extra»). Sempre qui sono disponibili una serie di video-interviste agli eredi dei protagonisti della stagione d’avanguardia del libro sovietico per l’infanzia (tra cui il nipote di Samuil Marshak, Yakov, e la figlia di Viktor Shklovskij, Vera). La mostra è accompagnata dalla pubblicazione «Costruiremo un mondo nuovo» con testi di James Bradburne e Federica Rossi (Corraini, pp. 32, euro 8).
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