Chissà se i compositori Arnold Bax (Morning Song, “Maytime in Sussex”, 1946), William McKie (We Wait for thy Loving Kindness, 1947), Herbert Howells (Behold, O God Our Defender, 1952), William Walton (Orb and Sceptre Coronation March, 1953), Ralph Vaughan Williams (O Taste and See, 1953) e Benjamin Britten (Choral Dances from Gloriana, 1954) anche nuovo arrangiatore (1962) dell’inno God Save the Queen, all’epoca s’immaginano l’effetto pop di questi loro brani classici, scritti per celebrare la principessa e poi l’incoronazione di Queen Elizabeth II. Regina pop, regina classica, dunque, giacché pop e classica nel corso della storia del Novecento talvolta si parlano e lo fanno anche ad esempio con il jazz proprio quando Elisabetta è adolescente e post-adolescente: non è un caso che dalla regina venga nominato «Sir» quel Simon Rattle direttore d’orchestra, a proprio agio con Beethoven, Haydn, Mahler, Szymanovskij, gratificato tra il 1987 e il 2008 gratificato di ben quattro alte onorificenze – Commendatore dell’Ordine dell’Impero, Knight Bachelor, Cavaliere, Membro dell’Ordine al merito del Regno Unito – e proprio nel periodo in cui registra i cd più «pop», ossia legati al jazz amato dalla regina, come i tre The Jazz Album-A Tribute to Jazz Age, Classic Ellington e Gershwin-Porgy & Bess. Rattle è di Liverpool come Paul McCartney nominato Sir Paul da Elisabetta con una solenne cerimonia a Buckingham Palace il 12 marzo 1997 pochi mesi prima della seconda opera colta Standing Stone, eseguita alla Royal Albert Hall di Londra con grande successo il 14 ottobre 1997, facendo seguito al celebre Liverpool Oratorio (1991), a cui s’aggiungono poi Working Classical (1999), Ecce Cor Meum (2006) e in parte anche Kisses on the Bottom (2012), album di canzoni classiche in chiave jazzy, appartenenti alla giovinezza elisabettiana. Ovviamente, nel 1996, è «Sir» anche George Martin (1926-2016), partito come pianista classico, ma divenuto, come si sa, il «quinto Beatle».

RINNOVAMENTO
A livello pubblico, il settantennale regno di Elisabetta non fa che rafforzare in senso artistico-culturale le istituzioni, già note a livello mondiale, che, nella musica classica, sono presenti a Londra e sull’intero territorio nazionale, da oltre un secolo: e il conferimento del titolo di «Sir» a direttori d’orchestra come Thomas Beecham (1879-1961), John Barbirolli (1899-1970), Charles Mackerras (1925-2010), Colin Davis (1927-2013), John Eliot Gardiner (1943), oltre il citato Rattle, conferma i buoni propositi e l’autentico interesse verso un universo sonoro che Elisabetta stessa vuole mantenere attivo, ma in costante rinnovamento, come accade persino con il Master of the King’s Music, esistente dal 1660, divenuto con lei Master of the Queen’s Music, un incarico paragonabile al poeta laureato, proposto a figure eminenti nel campo della classica (quasi sempre compositori), senza particolari obblighi, anche se generalmente il titolare della carica scrive musica per commemorare eventi regali (incoronazioni, compleanni, anniversari, matrimoni, funerali) e accompagnare altre cerimonie, fungendo altresì da consigliere della sovrana in materia musicale: oltre a Arthur Bliss e Malcolm Williamson, esponenti di un tardo romanismo prolungato (tipicamente britannico) è «Maestro» sperimentale tra il 2004 e il 2014 Peter Maxwell Davies il cui ruolo viene dichiarato, dalla regina, a tempo determinato di dieci anni anziché a vita, come in precedenza. E ora, dal 2015, per la prima volta, spetta a una donna, la compositrice e didatta Judith Weir, oggi sessantottenne, un ruolo impegnativo che, come lei stessa sostiene, vuole focalizzarsi «sul sostegno e la difesa dei colleghi compositori, sfidando la funzione che la musica contemporanea svolge nella società e intraprendendo un’esplorazione a livello nazionale dello stato dell’educazione musicale al fine di creare brani che saranno utili per scolari e musicisti dilettanti».