L’Unità non chiude e sopravviverà al Partito democratico in via di scissione. È l’esito imprevedibile della crisi più pazza che la politica italiana sta attraversando dal 4 dicembre, quando il «No» al referendum sulla riforma costituzionale ha costretto Renzi a dimettersi da Palazzo Chigi.

I soci dell’azienda editoriale hanno raggiunto ieri un accordo che prevede la crescita della quota di maggioranza detenuta dalla Piesse dall’80 al 90% e la riduzione della partecipazione di Eyu, la formazione del Partito democratico dal 20 al 10%. La Piesse si farà carico di una ricapitalizzazione. Sul tavolo ci sarebbe un milione e mezzo di euro, mentre il passivo è di 4 milioni. Nei prossimi due mesi sarà elaborato un piano editoriale ed è previsto il passaggio del sito del quotidiano «unità.tv», fino ad oggi gestito da una redazione esterna, alla sua testata di riferimento.

L’accordo non esclude un taglio dei lavoratori (28). Il direttore Sergio Staino lì dà per certi: «Ci saranno conseguenze dolorose per la forza lavoro» ha detto. Dopo settimane di polemiche a mezzo stampa e radio Staino ha inviato un sms sereno al segretario del Pd Renzi: «Si riparte. In prognosi riservata, ma si riparte». «Non conosco ancora i dettagli economici della decisione – ha aggiunto – ma dopo aver sistemato la situazione economica occorrerà ripensare il giornale, mettere mano al progetto editoriale sia dell’edizione cartacea che del sito». Resta da capire per quale partito.

L’ostinazione di Staino è stata, alla fine, premiata. Renzi, dimissionario dalla segreteria Pd, non avrebbe potuto comunque permettere la chiusura del giornale all’inizio di una campagna elettorale lunga e turbolenta, dagli esiti fumosi e con il congresso Pd alle porte. Senza contare che i venti di scissione spirano sempre più forti al Nazareno. Aprire un altro fronte con la liquidazione de L’Unità avrebbe aumentato il volume di fuoco amico, già cospicuo, contro l’ex premier malmesso.

I lavoratori non sono tranquilli. La loro lotta è esplosa quando l’ad Guido Stefanelli ha fatto giungere la voce sulla volontà di fare licenziamenti collettivi senza ammortizzatori sociali. Allora la prospettiva era la liquidazione del giornale, più tardi si è iniziato a parlare della trasformazione del quotidiano in settimanale. Ipotesi, al momento, sventate.

Le perdite e i tagli al personale restano sul tavolo. «L’Unità è viva, ma non è ancora salva – sostiene il Comitato di redazione – Non sono ancora arrivate, infatti, garanzie sulla salvaguardia dei livelli occupazionali e smentite sulle voci secondo le quali sarebbe intenzione dell’azienda procedere ad un pesante intervento di riduzione del costo del lavoro». Nonostante le rassicurazioni dell’azienda ai giornalisti non è stata ancora data una risposta concreta sui progetti editoriali, né sul piano industriale.