«Delle streghe ci restano solo testimonianze storiche scritte da uomini, giudici e uomini di chiesa, o le loro confessioni estorte con la tortura. Il fantasy ci ha permesso di dar loro una voce e dei poteri» racconta Laura Paolucci, una delle sceneggiatrici di Luna nera, la terza serie italiana originale Netflix (prodotta da Fandango) che sarà disponibile sulla piattaforma dal 31 gennaio: regia di Francesca Comencini, Susanna Nicchiarelli e Paola Randi.

Protagoniste del fantasy ambientato in un paese immaginario dell’Italia del diciassettesimo secolo sono infatti un gruppo di streghe, fra cui la giovane protagonista Ade (Antonia Fotaras), che nel primo dei sei episodi viene messa al bando dalla comunità dopo la morte di un bimbo fatto nascere da sua nonna, levatrice accusata di stregoneria in una società in cui si scontrano il razionalismo – rappresentato dallo studente di medicina Pietro (Giorgio Belli) – la superstizione dei Benandanti che danno la caccia alle streghe e del popolo che le vuole sul rogo. E le streghe stesse a cui il genere – il fantasy appunto – conferisce il potere di ribellarsi ai loro oppressori. A scrivere la sceneggiatura insieme a Paolucci ci sono Francesca Manieri, Vanessa Picciarelli e Tiziana Triana, autrice del libro da cui la serie è tratta – Luna nera. Le città perdute .

«IL PUNTO di partenza per trovare l’equilibrio tra realismo e fantasy – dice Francesca Comencini – è stato immaginare che la magia potesse scaturire dalla realtà stessa, dal fatto di offrire a queste donne una possibilità di riscatto non presentandole come vittime». Con Luna nera, aggiunge Susanna Nicchiarelli, «abbiamo avuto la possibilità di raccontare al grande pubblico la persecuzione delle streghe, la paura del diverso, la ricerca del capro espiatorio, l’ignoranza…».

E a creare questo racconto è un gruppo di autrici quasi interamente al femminile anche se, osserva Francesca Manieri, «noi di solito sediamo a tavoli di tutti uomini e nessuno lo sottolinea».
Quello delle streghe, continua Comencini, è un tema ricorrente e «una figura ripresa dal femminismo negli anni Settanta. Sono donne ribelli, libere, forti, che non rientrano negli stereotipi: possono anche non essere belle, o non stare un passo indietro» dice la regista in riferimento alla polemica sulle parole di Amadeus sul prossimo Festival di Sanremo. «Quello che si è espresso in questi giorni – aggiunge Comencini – è purtroppo il senso comune sulle donne di una parte di questo Paese».