Nell’ingente Padiglione 9B del Mattatoio, i Prinz Gholam si aggirano con movenze lente e evocative e con il viso coperto da maschere colorate, tra gli astanti che fanno largo alla performance While Being Other. È questo anche il titolo della mostra, curata da Angel Moya Garcia (responsabile del programma triennale Dispositivi Sensibili) che si è appena aperta a Roma. Prinz Gholam, è un duo formato da Wolfgang Prinz (Leutkirch, 1969) e da Michel Gholam (Beirut, 1963) e la loro unione è una sorta di fusione culturale tra Occidente e Medio Oriente.

La formazione accademica li spinge in una produzione polimorfa (disegni, acquarelli, fotografia, video) che solitamente viene sviluppata in performance, attraverso cui, tentano di far interagire l’io e il mondo, ricorrendo a ricorsi, raccordi e memorie culturali. L’appropriazione delle posture e dei gesti che eseguono, si interfaccia con opere d’arte, testi letterari, film, documentari, incarnandosi all’ambiente in cui si esibiscono, che sono spesso monumenti, chiese, musei o siti archeologici. Le loro performance, attraverso dei site-specific corporei, tentano di decifrare e riattivare quelli che sono i processi di assimilazione culturale.

COSÌ È PER LA MOSTRA While Being Other che filigrana il mood di quest’epoca viratica in cui il confronto con la pandemia costringe la propria soggettività a un totale spiazzamento nella relazione con l’altro e alla difficoltà di intervenire socialmente. I Prinz Gholam, convertono l’umore dei nostri giorni in puro spaesamento. Davanti ai due grandi e colorati disegni realizzati su tela kaw paw ree uhl, e kor por re el (2021) e allestiti sulle pareti del Mattatoio, eseguono la lunga performance della durata di un’ora. Accedono nello spazio, prima uno e poi l’altro, con delle maschere sul viso e nel totale silenzio, rotto da un suono cadenzato ed effettuano una lunga sequenza di gesti, lenti e calcolati, a volte usando anche delle sedie sdraio già ubicate per l’uso. Ed è proprio la maschera ad essere il focus da cui tutto si irradia e in cui tutto si avviluppa.

La maschera, che risale al Paleolitico e che dunque rimanda alle radici della civiltà, è qui rilocalizzata nella contemporaneità, in tempi in cui da strumento di velamento/disvelamento e perfino di ornamento, diventa, ineccepibilmente, oggetto di protezione e di auto-preservazione. Ed essa, nel percorso della mostra, molto secca e minimale, è il collante che unifica le opere come per esempio l’installazione Stones (2017 in progress) realizzata con dei sassi di piccolo formato (raccolti dal duo nel corso degli anni e in varie parti del mondo) la cui valenza antropomorfa è attestata in molteplici culture. Nondimeno il duo, nel reiteramento dei gesti, cambia continuamente le varie maschere (sempre realizzate da loro) in un continuo avvicendamento dei ruoli e delle posizioni corporee.

DEL RESTO proprio i Prinz Gholam avevano inaugurato l’uso della maschera in occasione della performance My Heart is a Poised Cithara (2020) nella sala delle Prospettive di Palazzo Altemps a Roma, in una sottile corrispondance maschera-pandemia. Il duo, che è vincitore del Premio Villa Massimo all’Accademia Tedesca di Roma 2020/2021, replicherà la performance il 17 Luglio e il 3 e 4 Settembre. I Prinz Gholam, tra l’altro, hanno partecipato alla edizione di Documenta 14 e alla mostra Dancing with Myself (2018) alla Collezione Pinault di Venezia.