«Arresti a sinistra» titolava in prima pagina la Repubblica per informare sugli arresti di alcuni dirigenti del Pd umbro, coinvolti in affari poco leciti nel settore della sanità. E per sostenere quell’indiscriminata coloritura politica, faceva cenni ai casi di Emiliano e di Lucano.

Persone e situazioni lontanissime, infilate tutte nello stesso sacco. Questa sbrodolatura giornalistica non è tuttavia un piccolo incidente da conformismo linguistico. E poiché non è un caso isolato, e non costituisce un’abitudine consolidata della sola Repubblica, necessita di una breve messa a punto. Perché gli esponenti umbri del Pd dovrebbero rappresentare la sinistra? Non è ormai noto che nelle regioni un tempo “rosse”, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, dove ancora, certo, resiste una decente tradizione civica e pratiche di buona amministrazione, si sono formati gruppi affaristici, frutto di decenni di monopolio assoluto del potere locale, profondamente incistati nelle istituzioni pubbliche e nei gangli dell’amministrazione? E perché questo ceto politico, padrone di molti centri di potere, dovrebbe svolgere una politica di sinistra, quando ogni progetto e ispirazione di sinistra è scomparsa dal centro del partito, dalla politica dei dirigenti nazionali?

Voglio ricordare che quando si evoca il concetto di sinistra non solo si coinvolgono formazioni politiche a cui tutto può essere rimproverato tranne gli abusi d’ufficio. In questa notte in cui tutte le vacche sono nere giornalisti superficiali o interessati svalutano ( quando non coprono d’infamia) le idealità di una platea di milioni di italiani, che si sentono di sinistra, anche se non votano, non hanno tessere, ma si nutrono di valori elaborati e mantenuti vivi da gruppi intellettuali di prim’ordine, che con originalità rinnovano in Italia la tradizione del pensiero rivoluzionario, da Marx a Gramsci.

Ma forse che estendendo oggi l’aggettivo sostantivato “Sinistra” al Pd nazionale si compie un’operazione onesta sul piano dell’informazione? Tale attribuzione appariva già discutibile nella prima stagione del Pd, che annacquava di neoliberismo le ultime sopravvivenze socialdemocratiche. Ma con l’arrivo di Renzi questo partito ha inaugurato politiche apertamente antioperaie che nessuna forza di destra in passato era riuscita a realizzare. Non solo ha imposto il jobs act, ha avviato una condotta di aperta ostilità nei confronti dei sindacati: uno dei punti strategici della controrivoluzione neoliberista inaugurata da Thatcher e da Reagan. E le cose nel Pd non sono cambiate e non possono cambiare, dopo Renzi, perché il mutamento al suo interno è troppo profondo, è una frattura storica di cui neppure i protagonisti sono consapevoli. Chi ha osservato l’opposizione che i parlamentari di questo partito ha mosso e muove all’attuale governo ha potuto constatare che sul piano delle politiche economiche essa era pienamente in linea con le posizioni ordoliberiste di Bruxelles. Nell’opposizione al reddito di cittadinanza da alcuni suoi settori si sono levate grida antipopolari che non ci si aspettava neppure da una destra plebea. Quale sia il nesso possibile tra questo confuso comitato elettorale e la sinistra è davvero difficile dire. E Zingaretti che forma con Calenda la lista per le elezioni europee conferma questo interclassismo elettoralistico proveniente da quel brodo culturale. La decisa opposizione alla patrimoniale, espressa da Zingaretti, è un sigillo significativo alla natura insuperabilmente moderata di questo gruppo. A proposito della quale proposta l’ex ministro dell’Economia Padoan ha motivato la sua contrarietà dichiarando che la patrimoniale «colpirebbe il patrimonio immobiliare». Mirabolante!Oggi salterebbe sulla sedia non Marx, ma Luigi Einaudi. La rendita fondiaria non si tocca! Come se il patrimonio immobiliare si limitasse all’abitazione di proprietà dell’impiegato o dell’operaio e non comprendesse anche immensi concentrati di immobili detenuti da società di reale estate spesso quotati in borsa.

Ho salutato con soddisfazione la formazione della lista La Sinistra, senza aggettivi e senza ammennicoli che partecipa alle elezioni europee. Pur essendo una piccola forza ricorda a milioni di italiani che cosa vuol dire sinistra, con un programma di adesione all’Unione, ma di radicale critica ai suoi trattati e ai suoi iniqui indirizzi economici, alla politica scolastica che trasforma le nostre scuole in aziende, alla politica agricola che finanzia l’agricoltura industriale generatrice di gas serra, alla gestione dell’immigrazione che ha trasformato il Mediterraneo nella tomba senza croci dei disperati del Sud. In queste elezioni La Sinistra può svolgere un ruolo importante di orientamento, soprattutto contribuire a smontare il vecchio motivo del “voto utile”. La formazione del Pd-Calenda promette di perpetuare le vecchie politiche europee, quelle che hanno fatto rinascere i nazionalismi populisti. È votare questa lista che oggi è palesemente inutile, anzi dannoso.

*Candidato nella lista La Sinistra, circoscrizione Meridionale