«Ci siamo divertiti tantissimo realizzando questo capitolo finale nel quale abbiamo messo quello che ci interessava, con il solo scopo di godere, rompere gli schemi e fare qualcosa di unico…». Così, su Facebook, Emiliano Pagani e Daniele Caluri, rispettivamente autore e disegnatore del fumetto satirico che da inizio millennio bastona le narrazioni d’Oltretevere e ora si avvia a concludere la sua saga con In Nomine Zauker (Feltrinelli Comics).

Vent’anni tondi, che hanno visto avvicendarsi tre Papi e legioni di baciapile istituzionali… nonostante la concorrenza, però, la voglia di far ridere non passa.

Sarà la «livornesità» del duo: Come spiega Pagani, «Livorno è sempre stata circondata da città ricche e nobili, ma è una città plebea, e noi livornesi non siamo mai stati padroni o servi di nessuno».

La satira, però, non è per tutti: «Penso al grande equivoco sulla frase “la satira è sempre contro il potere”», continua il cinquantatreenne graphic novelist labronico: «in molti scambiano “il potere” con “il potente” facendo di quest’ultimo l’unico bersaglio della propria satira, deresponsabilizzando il pubblico e se stessi. L’altro grande equivoco è sulla libertà di satira. Che, certo, dev’essere libera, ma che deve anche assumersi le proprie responsabilità, come una pistola puntata in primis contro se stessi».

Emiliano Pagani e Daniele Caluri

DA QUI, DON ZAUKER. Nome da villain (il «cervellone» alieno della serie animata Daitarn 3), opportunismo talare, ghigna da vecchio impunito.

Ricorda il disegnatore: «All’inizio doveva essere una versione punk di Max Von Sydow in L’Esorcista. Ma i personaggi dei fumetti poi si assestano, un po’ perché la mano sviluppa automatismi e soluzioni di massima coerenza, un po’ perché il personaggio si adatta agli eventi, cercando di esaltarli».

Da qui, l’evoluzione grafica del protagonista che, nelle parole dello sceneggiatore «è mutato nel tempo fino a diventare un incrocio geriatrico tra due icone che hanno indubbiamente influito sulla nostra formazione: il Torpedo di Abuli & Bernet e Clint Eastwood».

Nato nel 2003 sulle pagine del settimanale “Il Vernacoliere” – «Una palestra formidabile per imparare i tempi comici, l’articolazione di storie brevi in spazi ristrettissimi, la formazione di un orizzonte piratesco» – nel corso degli anni Don Zauker ha vissuto varie incarnazioni: comprimario, poi protagonista di «one shot» indipendenti ispirati a figure reali come il criminale di guerra ruandese Athanase Seromba, fino all’attuale format «antologico» di Feltrinelli Comics, che oltre a raccogliere tutto l’esistente ha proposto ai lettori vari inediti.

«Rileggendo le vecchie storie in vista della ristampa ci siamo sorpresi del ritmo che hanno, e quasi stupiti di quanto fossero dirompenti. Per questo non c’è stato bisogno di alcuna revisione nei contenuti: abbiamo solo rimontato le tavole adattandole al formato di Feltrinelli. Un gioco che ci ha consentito di giocare sulla scansione delle sequenze valorizzando effetti sorpresa, gag impreviste, pause… E alla fine, pur essendo storie già edite, hanno acquisito un senso nuovo».

UN SENSO che trova il suo culmine nell’avventura finale del personaggio, un commiato che in linea con la storia di Don Zauker si annuncia tutt’altro che sofferto.

Sbuffano Pagani e Caluri: «Abbiamo la convinzione che anche i progetti più graditi dal pubblico a un certo punto debbano trovare una conclusione. Solo così si evita l’inerzia e si lascia un’opera di cui si è soddisfatti. Continuare a produrre storie solo perché vendono vorrebbe dire ammazzare il personaggio».

Rileggendo le vecchie storie in vista della ristampa ci siamo sorpresi del ritmo che hanno, e quasi stupiti di quanto fossero dirompenti. Per questo non c’è stato bisogno di alcuna revisione nei contenuti

E ancora: «Don Zauker non ha mai seguito logiche da mercato editoriale, non abbiamo mai pubblicato un albo perché quello precedente era andato bene, ma solo quando avevamo l’urgenza di dire qualcosa e divertirci. Così è meglio fermarsi prima che Don Zauker perda la sua carica per diventare un character di maniera».

COME LE AVVENTURE precedenti, anche quest’inedita comica finale è un guazzabuglio pirotecnico di pasquinate narrative e grafiche che mette alla berlina sacro e profano, seguendo allo stesso tempo l’estro degli autori e il metodo collaudato in trent’anni di avventure editoriali.

Sottolinea Pagani: «La nostra parola d’ordine è “generosità”, cioè volontà di sfruttare ogni parola, ogni suggestione, ogni spazio della vignetta per inserire qualcosa che possa suscitare una reazione in chi legge, essendo al tempo stesso funzionale alla storia, al personaggio e all’atmosfera. Poi, c’è anche la voglia di sorprenderci tra noi. Daniele non sa niente del soggetto né della sceneggiatura finché non ho finito. A quel punto, ci mette del suo, e spesso il risultato finale va oltre la somma delle capacità di entrambi». «A volte, le cose nascono dalle nostre chiacchierate e poi Emiliano le sistema all’interno della vicenda», aggiunge Caluri. «Ma la maggior parte delle volte lui inserisce nella storia alcuni dettagli ben sapendo che mi faranno ridere, e quando me la consegna io ci metto dettagli che faranno ridere lui. Sembra un gioco, ma quando funziona arriva anche ai lettori».

E dato che si tratta di satira sociale, ce n’è per tutti: Chiesa, ma anche famiglia, società… e fumetto, con citazioni da «Supersex» di Saro Balsamo e scudisciate ai romanzi grafici ombelicali oggi alla moda, testi in corsivo e disegni volutamente tirati via.

Sorride Caluri: «Quella l’ho disegnata con la sinistra! La frecciata però non è rivolta tanto agli autori, quanto piuttosto a dinamiche del mercato editoriale che, per esigenze di catalogo, propone lavori a volte davvero mediocri».

E visto che, per dirla con Pagani, «non se ne può più di fumettisti che raccontano tra retorica e pathos storie ordinarie, con disegni e lettering poco curati», non resta che muoversi in direzione contraria: per esempio con l’imminente riedizione Star Comics del grottesco «Nirvana», sorta di «Alan Ford» aggiornato ai nostri tempi.