Sosteneva il genio del jazz Thelonious Monk che «less is more», la sottrazione aumenta l’intensità della musica. Ludovico Einaudi nell’ultima trentina d’anni ha applicato alla lettera, nelle sue opere, quanto riporta nel suo sito come indicazione di poetica: «un viaggio verso l’essenziale, alla ricerca della massima intensità con il minimo indispensabile». Ecco allora sul suo pianoforte gli arpeggi su semplici scale ascendenti o discendenti, gli ostinati ritmici che danno la stura a errabonde esplorazioni modali condotte sul filo di una lucidità melodica ineccepibile, lasciando il sospetto che molto rimanga nascosto dietro il suono dei tasti.

TUTTO QUESTO a prescindere dagli assetti strumentali scelti: che sia il solo pianoforte, che accanto abbia una kora africana o un’orchestra sinfonica. Adesso Einaudi, se ne esce con un progetto di quieta temerarietà : si intitola Seven Days Walking, e il sottotitolo, Day One, lascia già intuire il seguito: altre «giornate» musicali, fino ad arrivare alla conclusione della settimana. Un titolo al mese in uscita. Il tutto scaturito da una camminata in montagna nella neve ripetuta passo dopo passo e giorno dopo giorno con lo stesso itinerario. Così è stato per i nuovi brani scritti, ogni volta uguali ed ogni volta diversi. Con l’aiuto del violoncello di Redi Hasa, la viola e il violino di Federico Mecozzi.