Neghentopia è, sin dal titolo, un libro insolito: è la storia di Lucius, piccolo assassino dal nome luminoso, bambino senza memoria condannato ad uccidere e scordarsi di averlo fatto, che vive in un futuro avvolto dalle tenebre e dalla polvere, tra relitti e macerie di guerre chimiche, con la sola compagnia di un passero. In un’epoca distopica- 42 anni dopo la guerra dei soli- sopravvivono insieme agli gli incarichi omicida che Lucius svolge, fuggendo da la Bestia-un nemico onnipresente e misterioso- e cercando di salvarsi in una geografia frammentata e post apocalittica. La narrazione procede con una modalità straniante, una sceneggiatura teatrale, cinematografica, portata avanti da una voce narrante che come un regista dirige l’azione e dispensa annotazioni d’ambiente e sonoro. Una scelta narrativa complessa e di grande impatto che rende il testo in qualche modo, non catalogabile, indefinibile. «L’idea era quella di trasformare il lettore in una specie di spettatore che sta guardando un B-Movie in un piccolo cinema di provincia-spiega Meschiari. In questo modo ho pensato di ottenere due cose: criticare l’ossessione odierna per una scrittura troppo cinematografica, facendone appunto la parodia; poi far sentire il lettore un po’ a disagio, per ricordargli che non si tratta di letteratura d’intrattenimento ma di critica politica e sociale». Probabilmente anche per questo, il racconto è punteggiato di notazioni musicali «Mentre scrivevo ascoltavo musica- dice l’autore. Di solito non mi accade, ma questa volta cercavo delle atmosfere emotive, una colonna sonora per le immagini che via via accumulavo. Così ho deciso di inserirle nel testo. Dove invece non ci sono notazioni sonore volevo sottolineare un vuoto, più profondo di quello a cui siamo abituati durante la lettura silenziosa».

Neghentopia è un continuo strizzar l’occhio e strattonare il lettore, per tirarlo dentro a un incubo futuribile: il narratore è sì regista dell’azione, ma anche spettatore e si include nel pubblico utilizzando spesso la prima persona plurale.

«Queste note funzionano un po’ come la musica. Servono a interrompere il flusso narrativo, a spezzare il patto col lettore-approfondisce Meschiari È come se stessi dicendo: guarda che non devi abituarti al racconto. Non si tratta di fiction ma di prendere consapevolezza del baratro ecologico e antropologico che ci attende». 

Un baratro nominato già nel titolo: se si cerca sul dizionario neghentopia, ci si imbatte facilmente nella parola neghentropia… «Esatto, mi conferma l’autore, che è docente geografia culturale e antropologia all’Università di Palermo- l‘entropia negativa, che poi per noi è positiva perché è un movimento di addensamento dell’energia da cui nasce anche la vita. Il titolo del libro è una fusione appunto di “neghentropia” e“utopia”, un luogo dove in teoria la distruzione del pianeta sta seguendo un corso invertito, positivo. Nel libro una specie di terra promessa che però delude le aspettative di tutti». 

A dare ritmo a questa lunga pièce di decostruzione del pensiero di futuro ci sono le incisioni di Rocco Lombardi, che commenta così: «Lavorare a Neghentopia ha significato guardare in faccia una realtà tanto futuribile quanto molto prossima: l’esaurimento della vita sulla terra. È un racconto estremamente cupo, la sfida è stata provare a sezionare questa cupezza, per trovarvi qualche spiraglio di luce…che poi è quello che faccio in genere con la mia tecnica, graffiando il nero. Leggendo le prime pagine del libro mi sono accorto che la scrittura richiamava delle immagini già presenti in me, che forse avrei voluto tacere ma che è in fondo è stato necessario rivelare. Un lavoro nato-nelle parole del suo autore- «più per provocare una discussione critica, come quella proposta dal nenonato Neghentopia Lab, a Palermo, che lavora sulla politica delle immagini- che per entrare nella mappa italiana della letteratura distopica».