Lo sguardo che il Festival del Cinema Europeo (Lecce 6-13 novembre) dedica agli autori costruisce un ponte sempre più importante all’interno di un panorama culturale e sociale complesso come quello dell’Europa e del Mediterraneo dove lo scambio interculturale si fonda su realtà affini e lontane tra loro.

Come ci spiega Luciana Castellina, impegnata a lungo nel sostenere il cinema europeo e ospite della manifestazione: «La nascita dei festival dedicati alle produzioni cinematografiche europee è stata una battaglia importante che affonda le sue radici nella seconda metà del ‘900, una battaglia fondamentale non tanto per i guadagni ma perché il cinema veicola tantissime cose ed è un mezzo prezioso per conoscere e analizzare le identità multiple dell’Europa».

Quali sono le difficoltà incontrate dal cinema Europeo?
«All’inizio la lotta chiamata eccezione culturale contro le barriere protezionistiche, nel senso che i film non erano considerati come una merce qualsiasi e quindi tassati. Poi la spezzettatura linguistica che rende difficile la distribuzione per esempio di un film danese in un altro stato e quindi di ammortizzare i costi di produzione, ma soprattutto costruire una rete che permetta di far circolare questi prodotti nei vari stati europei».

Qual è il significato che hanno assunto i Festival dedicati al Cinema Europeo?
«Se pensi al protocollo sulle Diversità Culturali firmato dall’UNESCO, hanno un significato politico. Purtroppo non esiste ancora una società europea e il senso di comunità in Europa può essere fatto dalla cultura, ecco perché è importante costruire degli strumenti come le coproduzioni, il premio Lux e i Festival in modo che le nazioni possano conoscere la cultura e le identità dell’altro creando così una coscienza che abbatta i pregiudizi; ecco l’importanza dei Festival come questo di Lecce che dedica uno sguardo a tutte le produzioni europee».

Il Festival del cinema Europe diretto da Alberto La Monica, ha selezionato per il Concorso della XXII edizione dieci film che hanno rappresentato diverse città e paesaggi, ma soprattutto raccontato storie e temi sociali attuali come il rapporto madre-figlia, la malattia, legami spezzati e la complessità dell’identità di genere, come il coraggioso e delicato A Good Man (Francia) di Marie-Castille Mention-Schaar. La regista attraverso la storia d’amore di Benjamin e Aude e il loro desiderio di avere un figlio, mette in discussione le identità e i ruoli attraverso il corpo in trasformazione di Benjamin (una volta Sarah) l’unico che può portare avanti la gravidanza. Cercare la propria identità nel passaggio all’età adulta è il filo rosso che lega i protagonisti dei film in concorso come Love Tasting (Polonia) di Dawid Nickel dove un gruppo di ragazzi in attesa della festa di diploma sperimentano l’amore e le prime delusioni, mentre Otto protagonista di Otto the Barbarian (Romania Belgio) di Ruxandra Ghitescu cerca la sua identità dopo la morte della fidanzata, un grido silenzioso dove le emozioni sono sempre in contrasto mostrando come la personalità di un adolescente possa essere impermanente.

Il rapporto con gli adolescenti non è facile soprattutto quando sono in condizioni particolari, come scoprirà Hannes Fuchs insegnate in una scuola carceraria e protagonista del film vincitore dell’Ulivo d’oro Fox in a Hole (Austria) di Arman T. Riahi. Il regista mette in scena, con tonalità claustrofobiche, un micro mondo fatto da diverse etnie ed esplora attraverso Fuchs gli effetti del sistema carcerario sui giovani, delusi e senza fiducia verso il futuro. L’arte e la creatività salveranno alunni e professori.