In uno dei vialetti del Cemeterio General di Valencia, ogni due di giugno, un gruppo di donne usa riunirsi tra mazzi di fiori, pugni chiusi e bandiere anarchiche, intorno a una lapide di pietra grigia sulla quale è incisa la frase «Ma... è vero che la speranza è morta?», seguita da un nome e da una data: un piccolo ma significativo omaggio alla memoria di Lucía Sánchez Saornil, una delle figure femminili più interessanti e troppo a lungo dimenticate della Spagna novecentesca. Sempre più spesso rievocazioni, video e documentari che la riguardano vanno sommandosi a saggi, raccolte di articoli e...
Cultura
Lucía Sánchez Saornil, la scelta della dissidenza
RITRATTI. «Ho sempre detto noi», per Viella una biografia scritta da Michela Cimbalo sulla femminista e anarchica nello sfondo della guerra civile spagnola. Proletaria autodidatta e poeta dell’ultraismo, diventa giornalista e nel 1936 fonda insieme a Mercedes Comaposada e Amparo Poch l’organizzazione «Mujeres Libres». Nel 1939, la vittoria di Franco la costringe a intraprendere il cammino dell’esilio insieme ad América (Mery) Barroso, che tre anni prima era diventata la sua compagna