Lucia Latour, il corpo danzante è un’arte
A teatro Addio alla coreografa e architetta, tra i suoi lavori «Frilli Troupe», «Marmo asiatico», «Physico». Nella sua ricerca ha unito al movimento arti visive, scultura, nuove tecnologie, con il gruppo Altro/Lavoro ha dato vita a un’esperienza decisiva per le avanguardie storiche
A teatro Addio alla coreografa e architetta, tra i suoi lavori «Frilli Troupe», «Marmo asiatico», «Physico». Nella sua ricerca ha unito al movimento arti visive, scultura, nuove tecnologie, con il gruppo Altro/Lavoro ha dato vita a un’esperienza decisiva per le avanguardie storiche
Ripensare oggi a Lucia Latour, coreografa, architetto che a partire dagli anni Settanta del Novecento si è occupata con determinazione e focosa lucidità della danza in relazione mobile e sperimentale con la scultura, la pittura, l’architettura, la musica, le nuove tecnologie, è riaccendere lo sguardo su un’artista di spessore, felicemente non ingabbiabile in categorie chiuse. Una innovatrice, un’amante della libertà, una creatrice intransigente quanto acuta, sempre pronta a rimettere in discussione tutto, costasse quel che costasse, con se stessa, i suoi collaboratori, i suoi mai banali danzatori.
Mancata sabato scorso a Orvieto, lascia il compagno di sempre, il pittore Achille Perilli, e la figlia Nadja. Una notizia che ha suscitato il rimpianto e il ricordo di tanti danzatori, coreografi, artisti e studiosi di ogni campo che con lei sono cresciuti e/o confrontati nel corso degli anni.
NATA a Roma nel 1940, Latour si diploma all’Accademia Nazionale di Danza, dove aveva incontrato anche maestri della modernità del calibro di Kurt Jooss, laureandosi in architettura nel caldo 1968 all’Università degli Studi di Roma. Nel 1972 è tra i fondatori del gruppo Altro/Lavoro intercodice formato da pittori, musicisti, artisti visivi, danzatori, architetti, un’esperienza decisiva rispetto alla attualizzazione delle avanguardie storiche mediante spettacoli di densa natura interdisciplinare. Un’avventura nata in un’epoca chiave per lo sviluppo del teatro d’avanguardia italiano con autori come Vasilicò, Memè Perlini e gruppi come Gaia Scienza e Falso Movimento.
L’esperienza del gruppo Altro si chiude nel 1981 con la pubblicazione di un libro che ne raccoglie l’eredità, Altro/ dieci anni di lavoro intercordice.
Latour procede nella ricerca affondando lo sguardo sulle modalità creative della danza contemporanea fino alla costituzione nel 1986 del gruppo Altroteatro. A quei tempi la conoscemmo: erano gli anni dei giochi visionari sulla destabilizzazione del corpo rispetto alla gravità, sulle invenzioni della multivisione scenografica, il tutto reso guizzante da un brioso humour e da un formidabile intreccio dinamico tra movimento, musica – feconda la collaborazione con il compositore Luigi Ceccarelli -, scene e costumi. I titoli? Frilli Troupe (1986), on y tombe… on n’y tombe (1988), Anihccam (1989), eccitante omaggio non museografico a Fortunato Depero e al futurismo coprodotto con il festival Oriente Occidente di Rovereto, Naturalmente tua (1992). Creazioni nate con i danzatori «storici» di Altroteatro tra i quali le due sorelle Sini, Alessandra e Antonella, Ketty Russo, Monica Taroni, Augusto Terenzi.
BATTAGLIERA come sempre, nel 1992 Latour si fa portavoce del Manifesto di Scandicci sulla danza come arte contemporanea, firmato insieme ad altri protagonisti della coreografia italiana d’autore, gli Efesto, Enzo Cosimi, Virgilio Sieni, Giorgio Rossi, Massimo Moricone. L’anno successivo una nuova svolta nell’approccio creativo: basta macchinerie per concentrarsi sul corpo danzante, che risucchia comunque in sé la densità del lungo lavoro intercordice con titoli iconici come il bellissimo Marmo asiatico, Plantkai, Ultramarine. Nel 1997 il gruppo Altroteatro si rinnova nell’organico, se pur sempre presente Ketty Russo, arrivano altri collaboratori, si indaga da diverse prospettive la relazione tra coreografia e arti visive. Esemplare Straballata, del 1997, con musica di Alvin Curran. Ci spiegava Latour: «L’idea di questo progetto è quello di creare un ambiente – scrittura – spettacolo, dove coreografia e arte visiva si implicano a vicenda. Sulla scena sono presenti gli artisti visivi che operano dal vivo per scegliere, con i danzatori, le possibili soluzioni di quella forma spettacolare. La materia corporea è tra le materie utilizzate dagli artisti visivi, gli stati visivi si rendono necessari alla coreografia».
L’ultimo progetto di questa fase è Physico del 2001, architetture di Orazio Carpenzano, musica dal vivo di David Barittoni, video in azione di Roberto Carotenuto, luci dello storico collaboratore Loic Hamelin. Scrive Latour su Physico (di cui esiste anche una nutrita pubblicazione): «La danza celebra lo stato mutevole del corpo e l’estensione dei suoi confini, nella scoperta di margini d’azione sempre più estesi. L’esplorazione del limite ’fisico’ tra materia formata e materia informe si traduce in cavità avvolgenti e ripiegate, estrusioni in eccesso e svuotamenti in difetto, spostamenti propulsivi, torsioni di densità, flussi deviati come vettori impazziti, grovigli delicati tra funzione visiva, acustica, tattile e cinetica». Visione trascinante.
CON CARPENZANO, Barittoni e altri collaboratori, Latour lancia nel 2003 Altroequipe, organismo multiagente che si distingue per l’interazione generata dalla mutua influenza tra le sue formazioni artistiche e scientifiche: coreografia/danza, suono, luce, architettura, motion capture e motion graphics. L’ambito di verifica è la scena live con performance in ambienti interattivi, come Sylvatica e Pycta. L’ultimo progetto di Altroequipe riguarda la produzione di un sistema mutante in ambiente interattivo. Si sviluppa tra il 2007 e il 2009 in Hallalunalalone, Lallunahalalone, Allalunalaloneh, tre performance definite attraverso la lallazione lunare della poesia di Elio Pagliarani Come alla luna l’alone3, dedicata a Achille Perilli nel 1965.
Ci piace ricordare in chiusura questo ultimo volo creativo tra gli anni Sessanta e la contemporaneità di un’artista che non ha mai smesso di proiettarsi nel futuro consapevole dell’arte del presente e del passato. Una coreografa, un architetto, un’intellettuale la cui memoria, la cui ricerca, ci auguriamo non solo non sia dimenticata, ma trovi una via per proseguire.
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