L’inerzia amministrativa produce mostri. Ed è proprio risultato di una mancata presa di posizione del Comune di Roma lo spiacevole evento di ieri mattina, quando un funzionario di Acea, la multiservizi di acqua ed elettricità, si è presentato alla porta della Casa delle Donne Lucha y Siesta, nel quadrante est di Roma.

Scopo della visita verificare le condizioni per procedere al distaccamento delle utenze per lo stabile dove vivono donne e bambini fuorisciti da situazioni di violenza domestica. Grazie ad un appello in rete in tantissimi sono accorsi in solidarietà allo spazio, alcune donne si sono incatenate alla centralina dell’elettricità e il pericolo di rimanere senza acqua e luce è stato sventato.

L’azione era stata annunciata nei giorni precedenti, come ultimo atto di una vicenda che va avanti da mesi e che ha visto posizionarsi su fronti opposti Campidoglio e Regione Lazio. Mentre la giunta Raggi preme affinché vengano liberati i locali di Via Lucio Sestio per vendere all’asta l’immobile il cui ricavato andrebbe a coprire i buchi di bilancio dell’azienda di trasporti romana, la Regione ha avuto fin dall’inzio una posizione di apertura, arrivando a dicembre a votare lo stanziamento di un fondo di 2 milioni e 400 mila euro per acquistare l’edificio. Eppure il progetto Lucha y Siesta, attivo sul territorio da 12 anni, continua ad essere in pericolo.

«Grazie alla nostra resistenza e alle persone che ci sono venute in soccorso siamo riuscite a evitare lo stacco delle utenze» ha affermato Chiara, un’attivista dello spazio. Il suo è stato il primo intervento di un’assemblea pubblica convocata nel pomeriggio dove erano presenti circa duecento persone, a conclusione di una giornata di presidio permanente durante la quale lo spazio è stato attraversato da numerose espressioni di solidarietà.

«Il Campidoglio sa bene che ci sono 5 donne e tra bambini che vivono ancora qui e solo alcune hanno accettato l’offerta del Comune» continuano le attiviste, «Sanno bene che le nostre attività sono ancora in corso, e nonostante questo hanno portato avanti un’azione violenta e ostile, un tentativo di stritolare le lotte e l’autodeterminazione delle donne, ora ci lasciano nella precarietà di non sapere cosa accadrà domani» proseguono nell’intervento di apertura.

Molti gli interventi di supporto e vicinanza allo spazio, anche da parte di figure istituzionali. «È una situazione paradossale» afferma la consigliera regionale Marta Bonafoni «Pensavamo che l’ingresso della Regione nel processo di vendita dello stabile bastasse a fermare questo attacco, cinico e crudele, ma non è stato cosi. Noi come istituzione continuiamo a esserci, dalla parte di Lucha, che ha un valore che va ben oltre queste quattro mura».

A sostegno della continuità del progetto sono intervenuti anche Amedeo Ciaccheri, presidente dell’VIII municipio e Claudia Bella di Cgil Camera del lavoro territoriale, oltre alle tanti voci del movimento transfemminista Non Una Di Meno e dell’associazionismo romano. «Quello che questa giunta sembra non capire è che non si tratta di spazi di servizio o associazioni culturali, questi sono luoghi femministi» dice ai microfoni Laura Storti della Casa Internazionale delle Donne, altro spazio a rischio sfratto.

Mentre nel giardino di Lucha avvolto dal freddo del crepuscolo si decideva collettivamente come rispondere alla situazione di emergenza, nelle aule del Campidoglio il Pd presentava una mozione per richiedere la sospensione del distacco delle utenze. L’aula, che era semivuota prima della mozione, si è ripopolata velocemente di tutti gli esponenti del M5s capitolino che hanno bocciata in blocco l’istanza a favore di Lucha y Siesta, mentre la destra si è astenuta.

«In questo momento l’unica certezza che abbiamo è la presenza delle persone che ci sostengono, saremo in presidio permanente e chiediamo a tutti e tutte di attraversare questo spazio nei prossimi giorni» l’appello finale delle attiviste.