Negli ultimi decenni i grandi passi della medicina contemporanea e i progressi nello stile di vita dei Paesi avanzati hanno alzato senza dubbio la qualità della vita della persona media, ma assieme a questi sono apparse anche delle problematiche per certi versi «nuove».

 

Demenza senile e stato vegetativo persistente sono due delle condizioni che stanno aumentando in molti dei paesi industrializzati, fra cui il Giappone. Qui è soprattutto la prima malattia che negli anni a venire è destinata probabilmente a diventare più frequente, visto che gli abitanti dell’arcipelago sono fra i più longevi del pianeta.

 

L’uccellino azzurro (Dynit Manga, traduzione di Asuka Ozumi, 2018) è un manga da poco pubblicato in Italia che affronta con un tocco lieve ma realista queste problematiche e prova a mettere su carta le difficoltà ed il dolore di chi le vive come normalità quotidiana. Il volume è opera di Takashi Murakami (non si tratta del noto artista pop, è solo un caso di omonimia) un autore che aveva già ben impressionato con il suo precedente lavoro Il cane che guarda le stelle. Le premesse della storia narrata in L’uccellino azzurro sono ben chiare fin dalle primissime pagine: una famiglia dopo una scampagnata subisce un tragico incidente stradale in cui il piccolo figlio di cinque anni perde la vita e che condanna il padre in uno stato di vegetativo.

 

Yuki, la madre, dopo la tragedia prova a reagire ma si scontra subito oltre che con l’incredibile dolore anche con la burocrazia e l’inadeguatezza delle strutture che dovrebbero aiutare il marito, la diversita di ogni ospedale, la freddezza di alcune strutture o la carenza di personale in altre. Alla fine la giovane donna decide di portare a casa il marito e di occuparsi personalmente di lui. Murakami è molto bravo col suo tratto scarno ed asciutto a mostrarci come la donna diventi un’esperta di pratiche che alle persone che non si sono mai trovate in queste situazioni suonano come una lingua aliena: aspirazione del catarro, somministrazione di alimenti, deiezioni, pulizia del corpo, pulizia del respiratore artificiale. Il racconto della quotidianita della moglie alle prese con Naoki, il marito, in stato vegetativo si alternano a delle scene sognanti in cui il bambino e suo padre giocano sul prato, l’ultimo luogo in cui sono stati tutti felici prima dell’incidente.

 

La seconda parte del manga, quella in cui il protagonista è il padre di Naoki, inizia con una sorta di riuscitissima storia proletaria ambientatata negli anni sessanta in un’acciaieria, quando il Giappone si lanciava con le sue industrie pesanti nella modernità.

 

La rappresentazione della malattia di Alzheimer che colpisce il padre di Naoki, una delle malattie che in qualche modo piu ci parla dell’epoca in cui viviamo ossessionata dal passato e dai ricordi, è davvero toccante e a tratti straziante nella resa visuale.

 

 

L’anziano protagonista si trova come immerso in una nebbia in cui i ricordi non riescono a restare attaccati e che finisce per distruggere l’identità della persona che avvolge.
Nella versione originale giapponese, come ricorda lo stesso Murakami nella postfazione, c’è il sottotitolo «wakuraba», che ha il duplice significato di «foglie malate», la morte e la malattia che consuma le persone, e di «incontri fortuiti», gli incontri dettati dal caso che avvicinano due o più persone una seconda volta.

Proprio quest’ultimo significato emerge nelle pagine finali del manga con forza, quasi a donare una nuova speranza anchein condizioni disperate e se vogliamo, con un significato di quasi metafisica accettazione.
matteo.boscarol@gmail.com