«È una vittoria di tutti: di tutti quelli che hanno creduto nella nostra battaglia e che in questo mese mi hanno sostenuto. E dico di più: se anche il giudice non ci avesse dato ragione, noi saremmo riusciti a piegare l’azienda con la mobilitazione». È contento Luca Fiorini, il delegato Filctem Cgil reintegrato alla LyondellBasell di Ferrara, per il verdetto del tribunale. E adesso si dice «ancora più determinato» a ritornare al tavolo delle trattative sull’integrativo.

Vi aspettavate una sentenza così netta ed esplicita?

Ci eravamo rivolti al giudice perché ritenevamo di averne gli elementi, ma certo eravamo preoccupati, visto il clima generale che si respira nel Paese, che fosse più difficile l’emissione di una condanna così chiara.

Si parla di «atto ritorsivo» e «comportamento antisindacale».

Il passaggio della sentenza è molto netto, e direi anche pesante: mette in evidenza il fatto che l’azienda voleva estromettermi dall’attività sindacale, intervenendo sull’interezza della rappresentanza delle Rsu e alterando gli equilibri nelle relazioni industriali.

Realisticamente, se non ci fosse stata la sentenza, sareste riusciti a ottenere il reintegro con la mobilitazione dei lavoratori?

Io credo di sì. Noi avremmo continuato a mobilitarci anche se il verdetto del giudice fosse stato negativo. La sentenza coglie e mette in fila il senso comune delle persone – tantissime in tutta Italia – che mi hanno sostenuto. Che ci sia la tutela della giustizia è importante, ma non puoi rinunciare alle tue iniziative e metterti solo nelle mani di chi interpreta le leggi. I lavoratori si aspettavano che noi continuassimo, e una iniziativa che ha il consenso delle persone alla fine vince.

Eppure la LyondellBasell non sembrava così disponibile a trattare. Cosa vi rende così sicuri?

Perché a un certo punto, se tiri troppo la corda, viene meno il rapporto di fiducia tra te che vai a lavorare e il tuo datore di lavoro: e questo non può durare a lungo, senza conseguenze, nemmeno in una grande impresa come la Basell. Io stamattina (ieri per chi legge, ndr) sono tornato al lavoro e si sono avvicinati alcuni dirigenti, sorridendomi e dandomi il bentornato. Non parlo ovviamente di quelli che hanno deciso il mio licenziamento: ma mi pare che questo episodio dica che la decisione di mettermi alla porta non fosse condivisa da tutto il gruppo dirigente.

Avevate già notato qualche crepa nel mese di proteste?

Sì, e non solo, chiaramente, nei rapporti dell’azienda con i lavoratori. Ma ad esempio erano più tese le relazioni della direzione con i tecnici, i capisquadra e i quadri. Alle riunioni settimanali i vertici hanno chiesto di appoggiare la loro linea, disponendo che ai lavoratori fosse detto di non scioperare e di allontanarsi dal sindacato. I quadri, tecnici e capisquadra hanno risposto che il loro ruolo è soltanto quello di mandare avanti le lavorazioni, e che dei rapporti con il sindacato si deve occupare chi ne ha la funzione.

Ora che tornerete al tavolo continuerete a impuntarvi sulla «clausola occupabilità» che ha originato il conflitto e il licenziamento?

Assolutamente sì, e con maggiore determinazione. Non torniamo subito al negoziato: prima faremo una settimana di assemblee con i lavoratori per farci dare un mandato chiaro. E se rivedremo la situazione che ha creato l’impasse di dicembre, sappiamo già cosa fare: ci alzeremo dal tavolo e rimetteremo in campo le nostre iniziative. L’Ebid di Basell sfiora il 25%, e con risultati operativi così alti non è sostenibile che tu possa chiedere ai dipendenti l’ok per il licenziamento libero.